«Serve un piano urgente per le carceri» altrimenti «faremo la fine della Colombia». A dirlo, ieri, è Catello Maresca, sostituto procuratore della Corte di Appello di Napoli ed magistrato antimafia a cui si devono importanti inchieste sul clan dei Casalesi. Di recente gli istituti penitenziari di mezza Italia sono stati al centro delle cronache per rivolte e per gravissimi atti d’intolleranza innescati dalle misure di contenimento varate dal Governo per fronteggiare l’emergenza coronavirus. Maresca rimarca la necessità di un piano organizzativo-sanitario strutturale e ne delinea alcuni punti come, per esempio, «tamponi ‘a tappeto’ sui detenuti e sugli agenti anche con la collaborazione di laboratori privati; una distribuzione della popolazione carceraria sul territorio nazionale considerando la riapertura di strutture dismesse come l’Asinara e Pianosa, o l’utilizzo di strutture meno affollate come quelle di Chiavari, Avezzano e Grosseto».
«Infine – aggiunge il pm anticamorra – l’istituzione di Centri Diagnostici Terapeutici e sezioni detentive riservate esclusivamente a positivi e asintomatici». In relazione agli episodi di violenza, secondo il magistrato, è necessario punire chi si è reso protagonista di sommosse, danneggiamenti, resistenza e lesioni con la previsione di specifici reati e aggravanti soprattutto per i delitti commessi nei confronti del personale della Polizia Penitenziaria.
«Le carceri sono la cartina al tornasole del disagio sociale – conclude Maresca – proprio per questo è improcrastinabile neutralizzare immediatamente i sinistri segnali che si stanno rilevando».Un allarme ancora più inquietante, poi, viene lanciato dal segretario della Commissione Anticamorra della Regione Campania, il grillino Vincenzo Viglione, secondo il quale a mantenere la pace sociale a Napoli, al momento, sarebbero i clan: «Se a Napoli e in Campania, a fronte di un alto tasso di povertà e della più elevata percentuale di lavoratori in nero (20% rispetto al 13% di media nazionale), non si registrano come altrove episodi di assalto ai market è perché c’è chi si è già adoperato per sostituirsi allo Stato, garantendo generi alimentari di prima necessità a famiglie indigenti e aiuti ai piccoli esercizi e a quanti hanno preferito chiedere sostentamento a organizzazioni criminali che in cambio, quando l’emergenza sarà passata, riceveranno consenso e manodopera».
«Non solo la camorra è l’unico ‘comparto’, ad oggi, che non ha chiuso i battenti – afferma Viglione – ma è soprattutto quello che è riuscito a cambiare pelle in tempi record, approfittando dell’emergenza per riorganizzarsi e far crescere il suo consenso sul territorio. Bisogna intervenire subito, con misure di sostegno e aiuti economici a beneficio di chi è in difficoltà. Ma anche con provvedimenti repressivi, ostruendo l’unico attuale canale di approvvigionamento dei clan, costituito dallo spaccio di droga».
«Con la sospensione inevitabile di ogni affare legato a racket, usura, contrabbando e scommesse clandestine, lo Stato a tutti i livelli oggi ha l’opportunità di impoverire la camorra con un controllo capillare delle principali piazze di spaccio. Con i nostri portavoce in Parlamento – annuncia Viglione – chiederemo al Governo, in vista del decreto di aprile, di aumentare il sostegno alle famiglie, arrivando prima delle mafie e con maggiore efficacia, e di incrementare le operazioni di controllo e repressione sul territorio».