«C’è una realtà che non conoscevo e, forse, nessuno ne è veramente consapevole. Ho visto la fame negli occhi dei bambini, anziani disperati e famiglie in ginocchio. Ora sto male perché non so cosa posso fare per continuare a sostenerli». Queste le parole di Giuseppe, 49 anni, titolare di un’azienda di impianti per comunicazione, con sede a Gragnano. Solo chi in tasca non si è trovato più neanche un centesimo può veramente capire e essere solidale con la gente che oggi vive questo dramma. A bordo del furgone aziendale non ci sono i macchinari, ma pacchi pieni di alimenti di prima necessità che Giuseppe ha riempito con cura, con l’aiuto dei suoi dipendenti. Latte, biscotti, pasta, zucchero, olio e quanto serve per il quotidiano. «Durante una consegna – emozionato dice Giuseppe – ero rimasto fuori al cancello di un’abitazione che avevo raggiunto insieme ai miei collaboratori. Nel cortile ho notato tre bambini, avevano il broncio. Mi hanno colpito quei visi tristi. E’ difficile dimenticare quegli sguardi. A quell’età bisognerebbe essere sempre felici, ma se sulla tavola non c’è niente da mettere, anche i bimbi ne risentono. Sono riuscito a scorgere grandi sorrisi quando ai tre bambini è stato consegnato il pacco, dentro c’erano anche uova di cioccolata». Un lusso per le famiglie che non possono neanche acquistare il latte. Il capo dell’imprenditore benefattore è chino, fisso sui messaggi di aiuto che arrivano di continuo. «Non riesco a non piangere leggendo già le prime righe. Sono tante le famiglie che sono ridotte all’osso, perché qui al Sud abbiamo permesso il dilagare del lavoro a nero. Questo è un cancro che non riusciamo a estirpare, ma è la causa di morte di tanti che se ne vanno in silenzio. Si lavora senza nessuna sicurezza e, oggi, in piena emergenza sanitaria queste famiglie sono ultime degli ultimi. Sono “fantasma”, non tracciabili. Perché l’unica fonte di guadagno era un lavoro a nero, finito con la chiusura delle attività». Un furgone che da Gragnano è arrivato a Casola, scendendo poi a Castellammare di Stabia. Ma le richieste sono tante e non tutte riescono a essere soddisfatte. Giuseppe è rammaricato. «Ho letto qualche giorno fa alcuni appelli su Fb, parole che mi hanno colpito profondamente – spiega l’imprenditore dal cuore grande – In poche righe erano concentrate la più grande disperazione e paura. “Non abbiamo più soldi e non possiamo fare la spesa”. Ero sul divano a giocare con i miei figli e guardandoli ho capito che dovevo intervenire. Dall’altra parte del pc c’era un genitore che non avrebbe potuto comprare nulla per i suoi bambini. Ho deciso quindi di attivarmi, mettendo a disposizione i guadagni dell’azienda. Ma non basteranno, purtroppo». Giuseppe si è autotassato per poter portare un sorriso a quei bimbi tristi, per poter aprire la porta di un 80enne rimasto solo e senza possibilità di uscire per fare la spesa. Giuseppe ha speso il suo denaro per condividere un momento di tranquillità con tutte quelle famiglie che vivono al margine della società, ridotte oggi alla fame.
CRONACA
31 marzo 2020
Sos dell’imprenditore benefattore di Gragnano: «Ci sono bambini senza cibo»