«Nella Via Crucis di quest’anno non interpreterò fisicamente Gesù, ma spiritualmente sarà sempre la stessa emozione». Enzo Donnarumma, 42 anni di Gragnano (nella foto di Giosué Liguori), indossa gli abiti del figlio di Dio da 25 anni. Cinque lustri in cui cerca di far rivivere ai fedeli il sacrificio «di un uomo di 2000 anni fa, che ha perdonato i suoi nemici e pagato con la vita una colpa che non aveva, solo per salvare l’umanità». Per Stefano Borrelli, 25 anni, tra i responsabili dell’associazione Alma Grania che, insieme allo storico gruppo Venerdì Santo, ogni anno trasformano le strade di Gragnano nella via verso il Golgota, fino alla crocifissione del Cristo che avviene davanti al sagrato della chiesa del Carmine si chiama “sacrificio”.
Una rappresentazione che quest’anno non potrà concretizzarsi, ma che sarà vissuta comunque dai cittadini. «Abbiamo chiesto a tutti di posizionare una candela alle 21 di venerdì sera e inviato, a chi lo ha chiesto, la traccia audio delle musiche che solitamente accompagnano la Via Crucis che, ogni anno, coinvolge circa 100 persone, tra figuranti e chi resta dietro le quinte», spiega Stefano Borrelli. Colui che ogni anno prende le sembianze di Gesù Cristo, volto storico della compagnia teatrale diretta dall’artista Salvatore Cesarano, resterà a casa. Per Enzo Donnarumma sarà difficile lasciare sulla sedia il drappo che miseramente copriva il corpo martoriato di Gesù. Una Resurrezione diversa, cambiata dalla pandemia, i cui numeri, si spera, possano calare durante la settimana di Passione facendosi forza su una fede messa maggiormente alla prova. «Mi ritengo credente anche se ho i miei dubbi.
Ma anche quelli servono ad avvicinarmi alla fede. Quest’anno, per la prima volta nella mia vita, non rappresenterò il Cristo, ma questo non ha inciso sulla mia preparazione, trascorro tempo a leggere i Vangeli che sono esercizi tecnici essenziali». Enzo Donnarumma, docente di musica, cura insieme all’intera compagnia Alma Grania ogni minimo particolare, tanto cimentarsi in prove e confronti che durano un anno. Non si rappresenta un personaggio qualunque, ma «..un “pazzo” che ci ha lasciato un messaggio, ancora attuale: perdonare, rispettare il prossimo, sacrificarsi. Non è una interpretazione semplice, non lo è perché umanamente non esiste una persona così. I nostri danni nessuno di noi li paga. Immagino quelli fatti all’ambiente in cui viviamo, oppure aver deluso nei sentimenti. Nessuno si è mai sacrificato per pagarli anche se in parte. Noi moriamo con un debito che non può essere cancellato» spiega il Gesù di Gragnano. Il cammino di Enzo Donnarumma è tutto in salita, non è possibile dare l’entità precisa del Cristo in terra. «Sento la sua vicinanza, per me è uno choc. Bastano pochi minuti dall’inizio della rappresentazione che la mia mente è rapita, è difficile spiegarlo. Si va quasi in estasi».
Una Via Crucis che è vissuta appieno da Enzo, ma anche da tutti i figuranti che da gennaio si stavano preparando, nel lungo cammino che rappresenta quello di Cristo verso il Monte alle porte di Gerusalemme. «No, non ci si abitua mai», per Enzo Donnarumma quell’uomo rappresenta qualcosa di mistico, al di sopra delle capacità anche dei più grandi credenti. «Quando mi spoglio dei panni di Enzo e provo a indossare quelli di Cristo la sensazione è quella di essere avvolto, protetto, amato. Pensare che su questa terra qualcuno, e uno solo, ha rinunciato a tutto e si è sacrificato per amore va oltre qualsiasi aspettativa. E’ talmente travolgente che mi servono alcuni giorni per ritrovarmi nel mio stesso corpo. Cristo non può essere imitato, non siamo ancora pronti né, forse, capaci». Enzo carezza il drappo riposto sulla sedia che, quest’anno, non potrà indossare per rappresentare il Cristo dalla morte alla Resurrezione. Pensando già al prossimo anno. 25