Sarà una Pasqua diversa dal solito quella di Tania Vaccai, infermiera dell’Aop di Pisa, in prima linea contro il coronavirus. Anziché a casa, con il marito e con i suoi due ragazzi di 21 e 18 anni che non vede da due settimane abbondanti se non tramite videochiamata, trascorrerà le festività tra la foresteria che l’azienda ha messo a disposizione dei dipendenti e la corsia di ospedale, in un reparto Covid unità di terapia intensiva. Ma con una nuova famiglia ‘adottiva’, quella dei tanti giovani colleghi neolaureati entrati in servizio e dei giovani medici appena specializzati in anestesia, a cui dare supporto professionale e umano in tutti i modi possibili.
“Per Pasqua ci sarà – spiega l’infermiera, iscritta al sindacato Nursing Up – una messa che il parroco della Cappella dell’ospedale celebrerà nel cortile adiacente alla struttura per poche persone, 5 o 6 ben distanziate, pasto in camera e magari un caffè consumato in compagnia (sempre a debita distanza), allietato dai dolci che grazie al pensiero di tante persone arriveranno”. “Quest’anno andrà così – aggiunge – pur libera ho scelto di non andare a casa perché gli screening inizieranno tra poco per vedere se siamo positivi o meno e preferisco non rischiare, soprattutto per mio figlio maggiore che soffre di asma. Per lui e’ un periodo difficile c’è sempre la paura di attaccargli qualcosa, come agli altri”. Pasquetta invece trascorrerà in reparto e in compenso, ci sarà però l’affetto nato verso una ‘nuova’ famiglia, quella dei giovani colleghi.
“Li abbiamo adottati, li coccoliamo un po’ come se fossero dei figli per quello che è possibile – sottolinea l’infermiera – oltre che in foresteria, dove alcuni di loro alloggiano perché lontani dalle famiglie o perché nel nucleo familiare ci sono i nonni e si preferisce non rischiare, sia in corsia. L’azienda li mette in turno con noi, che abbiamo più esperienza, per formarli. A volte ci si riesce di più, altre di meno. Occorre da parte nostra stare attenti a tante cose, i pazienti sono gravi, ma questi colleghi giovani hanno tanta buona volontà.
Io ho un carattere da mamma protettiva e sono contenta che con me si trovino bene. Li faccio sentire a loro agio, li lodo, e danno il massimo quando si sentono appagati”. “Ci sono anche anestesisti che si sono specializzati adesso e hanno fatto il tirocinio e sono stati presi perché c’era bisogno di personale- rileva l’infermiera, che di base e’ anche tecnico anestesista e lavora nelle sale operatorie e alcuni di questi giovani medici già li conosceva- si affidano tanto a noi, più esperti e ‘anziani’. Si fidano. In un’emergenza si diventa ancora di più una squadra”.