Trovate due armi di precisione per colpire al cuore il nuovo coronavirus: sono molecole progettate per bloccare l’enzima proteasi, il motore che permette al virus di moltiplicarsi. Si aggiungono alle due che erano state ottenute nel marzo scorso: una in Germania, diretta contro lo stesso enzima, e l’altra in Olanda, diretta contro la proteina Spike, l’arpione con cui il virus aggredisce le cellule per invaderle. Diventano così quattro le molecole candidate a diventare i primi farmaci contro un virus mai visto e ancora quasi sconosciuto.
Le ricerche decisive per ottenere queste molecole sono state quelle che hanno permesso di vedere la struttura molecolare del coronavirus SarsCoV2. In particolare osservare come è fatto l’enzima proteasi ha permesso al gruppo coordinato da Wenhao Dai, dell’Accademia Cinese delle Scienze, di progettare due molecole in grado di bloccarlo, e il risultato è pubblicato sulla rivista Science. Le molecole, chiamate inibitori della proteasi 11a e 11b, hanno affrontato i primi test con risultati incoraggianti. Sperimentate in una coltura cellulare, entrambe “hanno fortemente inibito la proteasi del SarsCoV2”, hanno scritto i ricercatori. Sperimentato nei topi, l’inibitore della proteasi 11a ha mostrato in particolare una bassa tossicità.
Per questa molecola la sperimentazione prosegue ora a livello preclinico per ottenere ulteriori risultati sulla tossicità: se questi indicheranno che è sicura, si potrà passare alla sperimentazione sull’uomo. La prima molecola mirata per aggredire il coronavirus Sars-CoV2 era stata un anticorpo monoclonale, specializzato nel riconoscere la proteina che il virus utilizza per aggredire le cellule respiratorie umane; pubblicato nel marzo scorso sul sito BioRxiv,il risultato era stato ottenuto nell’Università olandese di Utrecht. A distanza di pochi giorni un gruppo internazionale guidato dall’Università di Lubecca ha descritto su Science la molecola 13b, che si lega all’enzima proteasi e lo blocca.
Tutte e quattro le molecole sono candidate a diventare farmaci, ma prima dovranno affrontare l’iter della sperimentazione clinica. Ci vorrà quindi del tempo prima che siano disponibili. Di fatto, al momento la Covid-19 è una malattia orfana, per la quale cioè non esistono farmaci e che si può combattere solo utilizzando in modo nuovo farmaci nati per altre malattie. A questo scopo si è attivata anche la coalizione Reframe, la più vasta raccolta mondiale di farmaci già in uso nell’uomo promossa nel 2018 dall’istituto californiano Scripps e finanziata dalla fondazione Bill & Melinda Gates per aiutare a combattere le malattie per le quali non ci sono farmaci. Nel frattempo si è già cominciato a utilizzare vecchi farmaci contro il SarsCoV2.
E’ il caso dell’antivirale Remdesivir, nato per combattere la febbre emorragica di Ebola e che ha come bersaglio la polimerasi che permette al virus di moltiplicarsi. Contro lo stesso enzima sono utilizzati i farmaci antimalarici Clorochina e Idrossiclorochina, in genere utilizzati contro artrite reumatoide e lupus eritematoso, e antivirali come Lopinavir e Ritonavir, nati per combattere il virus Hiv responsabile dell’Aids; contro la proteasi è diretto anche il Camostat mesilato, nato per curare le malattie di fegato e pancreas. L’anticorpo monoclonale Tocilizumab viene infine utilizzato per Combatte le infiammazioni dovute alla tempesta immunitaria provocata dal virus.