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Ancora giallo sulle origini del nuovo coronavirus. Dopo mesi non è stato ancora identificato l’animale in cui è mutato
CRONACA
19 maggio 2020
Ancora giallo sulle origini del nuovo coronavirus. Dopo mesi non è stato ancora identificato l’animale in cui è mutato
Redazione

E’ ancora giallo sulle origini del nuovo coronavirus: dopo mesi non c’è traccia di un’informazione preziosa per aiutare a prevenire eventi analoghi in futuro. Mentre cento Paesi hanno dichiarato di voler promuovere un’indagine in Cina per chiarire l’origine del virus SarsCoV2, nel mondo scientifico prevale decisamente l’ipotesi dell’origine naturale. Finora l’unica certezza è che i pipistrelli sono stati il punto di partenza, ma sull’animale in cui il virus è mutato, diventando aggressivo per l’uomo, è ancora buio. “E’ possibile che non riusciremo mai a trovarlo”, dichiara sul sito della rivista Nature la genetista Lucy van Dorp, dell’ University College London.

“Finora non abbiamo nulla di esplicativo, brancoliamo nel buio”, ha detto il genetista Gianguglielmo Zehender, dell’Università Statale di Milano, che dall’inizio dell’epidemia sta studiando il genoma del virus. Prosegue intanto l’analisi delle migliaia di mappe genetiche del virus SarsCoV2, nella speranza di trovare tracce affidabili, “ma si tratta di sequenze che sono in gran parte umane, non di animali”, osserva. Il sito del progetto Nextstrain, dedicato all’analisi genetica dei nuovi organismi patogeni, indica senza dubbio Wuhan come il luogo in cui il nuovo coronavirus è emerso, fra novembre e dicembre 2019, ormai mutato in modo da riuscire a trasmettersi in modo sostenuto da uomo a uomo. Non è invece altrettanto certo che il luogo di origine sia stato il mercato di animali selvatici della città cinese. “Ci sono forti sospetti ma nessuna certa, considerando che il primo caso accertato in Cina il primo dicembre non aveva avuto rapporti diretti con quel mercato”, rileva Zehender.

Per i coronavirus del passato era stato più semplice identificare gli animali serbatoio della ricombinazione genetica: nel caso della Sars emerse quasi subito che il virus era mutato nello zibetto e nel caso della Mers era stato altrettanto facile identificare il cammello. Adesso, a quasi cinque mesi dalla comparsa del nuovo coronavirus, “c’è ancora un’incertezza di fondo sull’origine”. Scartata quasi subito l’ipotesi dei serpenti, i sospetti si sono concentrati a lungo sul pangolino, ma le sequenze genetiche lo hanno scagionato. “Non si può escludere – osserva Zehender – che il passaggio sia avvenuto all’uomo direttamente dai pipistrelli”. Vale a dire che il SarsCoV2 potrebbe essere mutato nei pipistrelli e da questi passato all’uomo. Di certo, osserva Zehender, il nuovo coronavirus “non è assolutamente nato in un laboratorio”: non sarebbe comprensibile, alla luce di questa ipotesi, la capacità con cui continua a evolversi”.

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