Sono venti le misure cautelari (13 ai domiciliari e 7 obbligo) emesse dal gip di Roma nei confronti anche di dipendenti infedeli di Tim che carpivano illecitamente dati sensibili di clienti. Si tratta di circa un milione e 200 mila dati carpiti all’anno. L’indagine è partita da una denuncia della Tim. Coinvolti anche “intermediari” che si occupavano di gestire il commercio illecito delle informazioni estratte dalle banche date ed i titolari di call center telefonici che sfruttavano informazioni per contattare i potenziali clienti e lucrare le previste commissioni per ogni portabilità del numero che arrivano fino a 400 euro per ogni contratto stipulato.
La commercializzazione dei dati da parte del gruppo che carpiva dai sensibili a clienti, è emerso dalle indagini svolte dal Cnaipic della Polizia postale che hanno portato all’emissione di venti misure cautelari, si stava allargando anche verso altri comparti come quello della energia. Le informazioni estratte divenivano “oggetto di un illecito mercimonio”, in quanto appetibili per le società di vendita dei contratti da remoto che puntano ad intercettare la clientela più ‘vulnerabile’, a causa di problemi o disservizi, per proporre il cambio in primo luogo dell’operatore telefonico. Un vero e proprio sistema che vedeva da un lato una serie di tecnici infedeli in grado di procacciare i dati, dall’altro una rete commerciale che ruotava attorno alla figura di un imprenditore campano, che acquistava la “merce” ed era a sua volta in grado di estrarre “in proprio” grosse quantità di informazioni, in virtù di credenziali illecitamente carpite a dipendenti ignari. L’attività illecita veniva svolta fuori dagli orari di lavoro, soprattutto di notte.
“E’ la prima indagine in cui viene applicata una fattispecie introdotta nel nostro ordinamento nel 2018, l’articolo 167 bis del testo unico della Privacy e che colpisce chi diffonde archivi personali procurando un danno. Le banche dati sono diventate un obiettivo molto appetibile per mettere in atto attività illecita”. E’ quanto affermato dal procuratore di Roma, Michele Prestipino e l’aggiunto Angelo Antonio Racanelli commentando l’operazione che ha portato oggi all’emissione di 20 misure cautelari per accesso abusivo a banca dati di gestori telefonici. Gli inquirenti hanno ringraziato “Tim, che è parte offesa, che non solo ha denunciato ma ha supportato il lavoro della Polizia Postale con le sue strutture tecniche”. L’indagine è partita nello scorso mese di febbraio. Dagli accertamenti è emerso uno “scenario inquietante” e che ha confermato come “i dati personali di migliaia di ignari cittadini sono diventati merce preziosa”.
“Tim desidera esprimere il più vivo ringraziamento all’Autorità Giudiziaria e alla Polizia di Stato – Polizia Postale e delle Comunicazioni – per aver portato a termine con successo l’indagine relativa alla divulgazione e commercio abusivo di dati anagrafici e numeri telefonici della clientela”. Lo afferma in una nota la società di telecomunicazioni. “Grazie ai provvedimenti adottati dal gip del Tribunale di Roma – è detto nel comunicato – si chiude oggi una vicenda grave che proprio Tim aveva denunciato alla Procura di Roma un anno fa, a seguito di una accurata indagine interna”. A seguito dei provvedimenti decisi dalla magistratura, Tim “ha subito proceduto con misure disciplinari nei confronti del personale coinvolto e si costituirà parte civile nel processo in quanto parte lesa”. La società spiega, inoltre, che “i fatti oggetto dell’indagine rappresentano da tempo un fenomeno grave che arreca danni significativi non solo al Gruppo ma all’intero settore delle telecomunicazioni, alterando le regole della libera concorrenza”. Tim precisa infine che “oltre ad aver collaborato fattivamente con gli inquirenti nel corso di tutto il periodo dell’indagine, ha inviato segnalazioni sul tema all’Agcom al fine di proteggere al meglio la sua clientela”.