Rocco Traisci
«Vorrei morire mentre canto, disse una volta il compianto Pino Mango rivolgendosi alla moglie…». Cristian Faro, cantautore napoletano e coach per giovani talenti, ricorda la triste profezia del suo idolo giovanile come una lezione di vita. Se la musica è anima, una grande canzone riesce anche a farcela vedere, quell’anima: «Ho una formazione accademica, mi sono diplomato al conservatorio di San Pietro a Majella in direzione d’orchestra jazz, mi piace lo scat singing e l’improvvisazione ma quando mi siedo al pianoforte non resisto alla pulsione di cantare».Come nascono le canzoni resterà sempre un mistero irrisolto ma alle volte non c’è bisogno nemmeno delle parole: «Una sera, al termine di un concerto, con la gente dietro le quinte per il solito rituale dei saluti, venne ad abbracciarmi un bambino autistico. Fu un abbraccio lungo, gradevole, viscerale: la madre mi disse che era il suo modo di trasmettere emozioni. Quell’esperienza mi ha cambiato la vita e il modo di percepire le persone. Da lì è nato il testo di “Nessuno è diverso”, il mio inno contro tutte le disuguaglianze»La canzone italiana è un territorio sterminato di espressività e quando gli chiediamo di scegliere un grande classico non ha dubbi: «Tra i primi cinque sicuramente “L’Avvelenata” di Guccini, uno dei testi più potenti che abbia mai sentito», afferma, scatenando così un match di citazioni che va da “Vedrai vedrai” di Luigi Tenco a “Cara” di Lucio Dalla, da “La città vecchia di De Andrè fino ai capolavori della tradizione americana “Fly to the moon” di Frank Sinatra e “Killing me softly” di Perry Como.«Contrariamente a quanto si pensa i giovani non hanno perso sensibilità e interesse per ciò che gli accade intorno. Me ne sono accorto affrontando con loro temi di impegno civile come la Shoah o proponendo brani che dopo mezzo secolo fanno ancora cantare il mondo. Certo ci vuole coraggio per scrivere canzoni fregandosene dei trend e del mercato discografico, ma ogni tanto bisogna dare sfogo all’ispirazione e abbattere certe barriere mentali che ritroviamo nella vita di tutti i giorni».Poi ci sono i linguaggi, i dialetti, gli slang, che prendono forma e passeggiano per la strada. Da qualche anno Cristian frequenta Castellammare, folgorato dal fascino delle fonti e dal sapore ferrato delle sue acque. «La mattina esco, prendo un caffè sul lungomare, faccio lunghe camminate fino al porto e avverto un senso di spazio, aria fresca, umanità. Qui ritrovo scene familiari alla Eduardo De Filippo o Pino Daniele, da cui traggo sempre grandi suggerimenti: ancora oggi quando ascolto Napul’è e Alleria mi vengono alla mente alcuni flashback dell’infanzia che normalmente non ricordo, come il cortile e il profumo della casa dei miei nonni. Questa città, come Napoli, è capace di tirare fuori l’anima. E’ pura maieutica».