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Scuola: pediatri, norme confuse e contraddittorie ‘Siamo senza strumenti per fare una diagnosi’
CRONACA
25 agosto 2020
Scuola: pediatri, norme confuse e contraddittorie ‘Siamo senza strumenti per fare una diagnosi’
Redazione

A tre settimane dall’inizio della scuola c’è preoccupazione e confusione tra i pediatri, che hanno sulle spalle un ruolo importante e la responsabilità di poter far mettere in quarantena le famiglie. Ma le norme stabilite stanno generando confusione, tanto che il Sindacato dei pediatri di famiglia (Simpef) ha chiesto chiarimenti al ministero della Salute, perchè si rischia di dover isolare tutti non appena si presentino sintomi compatibili con il Covid-19, chiedendo il tampone per tutti. Come spiega Rinaldo Missaglia, segretario del Simpef, la situazione potrebbe essere più gestibile se gli venissero dati degli strumenti diagnostici, al momento non previsti. Una prima contraddizione riguarda il limite dei 3 giorni di malattia. Se l’assenza non li supera infatti, “è il genitore che può far riammettere il bambino, facendo una sorta di autocertificazione in cui dichiara di non aver avuto contatti con altri”, continua Missaglia. Oltre i 3 giorni invece, “siamo noi pediatri a dover certificare la riammissione, senza poter visitare di persona il bambino, ma solo sentendo per telefono i genitori”, continua. Di fatto “dovremo certificare l’assenza di malattia e di sintomi e autorizzare la riammissione a scuola senza alcuno strumento diagnostico per poterlo fare.

In questo modo saremo costretti a richiedere all’Ats il tampone e disporre l’isolamento per tutti”, prosegue Missaglia. Quanto all’uso della mascherina dai 6 anni in su, secondo Massimo Galli, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano, “tenerla in classe con i piccoli è un’utopia, il distanziamento si può tentare ma è complicatissimo. Cinque ore con la mascherina non sono sostenibili per me figuriamoci per un ragazzino di 10 o 8 anni”. Per tornare a scuola servono, secondo Galli, “meno banchi e più test” e soprattutto “un presidio sanitario nell’istituto scolastico e la misurazione della febbre presa a scuola, non a casa dalle famiglie”. Per Ranieri Guerra, direttore aggiunto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) e membro del Comitato Tecnico-scientifico, invece è opportuno che la “medicina scolastica abbia un ruolo all’interno dei dipartimenti di prevenzione”, piuttosto che riesumare antiche figure professionali superate dall’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale, in collegamento con la pediatria di libera scelta e la medicina generale. Sarà inoltre necessario evitare che con la riapertura delle scuole si crei una sorta di “corto circuito fra scuole e famiglie” che potrebbe portare a “un aumento ulteriore dei casi, speriamo contenibile”. Sarà molto importante identificare i possibili piccoli focolai e proteggersi adeguatamente”.

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