«Il locale è triste è sta sempre qua», si lamentava De Filippo nei confronti di Totò, nel celeberrimo film “Totò, Peppino e la banda del Torchio”. Indovinate chi disse: «Al Sud non fanno un emerito cazzo dalla mattina alla sera. Sono così, loro ce l’hanno proprio dentro il culto di non fare un cazzo dalla mattina alla sera, mentre noi siamo abituati a lavorare dalla mattina alla sera e ci tira un po’ il culo». Eh sì, proprio lui: Matteo Salvini. Sarà per quello che, ancora una volta, oggi ce lo ritroviamo in Campania. Magari ha scoperto quant’è bello «non fare un c… dalla mattina alla sera», che ha deciso di trasferirsi armi e bagagli nell’odiata Terronia. E pazienza per il prurito nelle parti intime, gli sarà passato. Magari a lenirlo sarà stato un unguento magico, quello che olia gli ingranaggi delle macchine politiche di lungo corso, come la sua Lega. Non pensate male: non stiamo parlando dei 49 milioni da restituire in comode rate ottantennali. Il vaccino magico che cura tutte le malattie politiche, compresa quella più grave, l’emorragia di consensi, è un altro. Si chiama “voto”. E da quando il buon Matteo che cantava contro i napoletani che puzzavano ha scoperto che anche gli odiati terroni votano, è un altro uomo. Folgorato sulla via di Pontida, ha avuto una conversione che al confronto San Paolo scansati proprio, a costo di passare per blasfemi. Ma non è una bestemmia ben più grave anche solo pensare che il “paladino” del Sud possa essere proprio lui? Lo stesso che non più tardi di qualche anno fa proponeva carrozze della metropolitana solo per i milanesi, per evitare contatti con quelli «che da decenni campano sulle spalle altrui»?. Ecco, sarebbe come pretendere che a salvare le pecore sia il lupo. Ma in fondo non è colpa sua: la natura del lupo è quella, il problema è delle pecore se non riconoscono che ha perso solo il pelo, ma non il vizio. Solo un ingenuo, infatti, non si accorge che Salvini è sempre lo stesso (da 25 anni, altro che nuovo…). Quello che prima era pronto a seguire la scia di cotanto maestro, pulendosi il c… con il tricolore, ha scoperto che anche sotto la linea gotica si vota. Che la Lega Nord, solo coi voti del Nord, al Nord sarebbe rimasta e, viste le capacità di molti suoi amministratori, al Nord sarebbe morta. E così, quando ormai i consensi erano calati al minimo storico, intorno all’8%, ha varato l’operazione restyling. Come il miglior venditore di auto usate, in tre mosse ha rivitalizzato il suo brand: nuovo target (acchiappare voti nel resto d’Italia), nuovo nemico (lo straniero), nuovo sistema (propaganda sui social). Sostituiti i terroni con gli immigrati, il più era già fatto: mezza Italia, prostrata dalla crisi economica e dalla paura del diverso, era già pronta a salire sulla barca del capitano. Senza accorgersi che la direzione è sempre la stessa: infondere la paura del povero, del diverso, dell’ultimo. Del resto si sa: il problema dell’Italia sono i venditori di fazzolettini ai semafori, mica le mafie e la corruzione. Ma tant’è. Il messaggio fa presa, le offese, anche se recenti, vengono dimenticate (ma non da tutti, si spera). E Matteo può essere accolto come qualsiasi altro politico anche a Napoli e dintorni, anche se non lo sarà mai. Ecco, l’augurio è che Napoli, lì dove conta, cioè nel segreto delle urne, lo tratti come merita. Magari con un sonoro pernacchio di scuola eduardiana.
politica
11 settembre 2020
Salvini torna a Napoli. Qui i voti non puzzano più