Rocco Traisci. A che distanza bisogna sedersi – in platea o davanti al pc – per riuscire a raccontare un cantautore che scrive una meraviglia e del quale conosciamo qualche ferita nascosta? E’ possibile rimanere neutrali, sulla sedia, immobili, davanti a un comunicato stampa, in attesa che il nostro pezzo venga accatastato in una mazzetta di giornali come un mucchio di cartoni della Lidl? L’ultima volta che ho incontrato Maldestro eravamo a Germi, il club milanese di via Cicco Simonetta, prima della sua apparizione live al fianco del poeta Vincenzo “Chinaski”. A distanza di due anni dall’ultima pubblicazione, “Mia madre odia tutti gli uomini”, Maldestro torna con un nuovo brano doce doce “Ma chi me lo fa fare” (Arealive srl), il singolo che anticipa il prossimo lp già disponibile in resave. Secondo le note del press kit il brano «si presenta come una sorta di dichiarazione di libertà e di intenti, contro le pressioni e le ansie di tutti i giorni, per ritrovare sé stessi e ricordare l’importanza di respirare, amare e amarsi un po’ di più». Ciò che si coglie è il termine “libertà”, perché l’unico desiderio di Antonio Prestieri, in arte Maldestro, è raccontarci la libertà come la vede lui, un po’ più scura ma molto più vicina di chiunque altro, nonostante le complicazioni al bulbo oculare e quell’insopportabile cappuccio sulla vita.
Quella sera il Napoli giocava a Milano la semifinale di coppa Italia contro l’Inter: «Perdiamo o vinciamo?», mi chiese Antonio. «Ha segnato Mertens», risposi. Stavolta, senza esitazioni, diresse ad intuito lo sguardo verso il padrone di casa Manuel Agnelli, ricurvo sull’Ipad mentre faceva finta di non soffrire per la sua Inter: «Sta accusanno, eh? Sta accusanno malamente». La serata si concluse per strada, tra inni di gioia, paure subdole e vita fluttuante, come scriveva Calderon nel ‘600: “La vida es sueño”, è un colpo nel mare. E siamo tutti un po’ imbarazzati, alla nostra età, nel sentirci ancora così vulnerabili: «Il problema alla vista non è un problema, è solo peggiorato», confessò, sarcastico. Dopo dieci giorni la pandemia si prese Milano e fortunatamente, già quella sera, sembravamo pronti ad ironizzare su qualunque catastrofe.
«Ho passato metà della mia vita a mettere maschere di ogni tipo, un modo bizzarro per difendermi. Anche efficace, devo dire, ma l’anima ne stava risentendo – spiega parlando del brano – Così ho pensato: ma chi me lo fa fare? Et voilà, via tutto. Sono venuto fuori per come sono e devo essere sincero, mi piaccio molto».Di Maldestro sappiamo molto, artisticamente parlando. Dopo diversi singoli, tra cui “Canzone per Federica” con la quale ha partecipato al Festival di Sanremo nel 2017, ha fatto un ulteriore passo verso umori e suoni più slanciati, tuttavia sempre pendenti su quel lato peggiore “che non paga mai da bere”. Tonino, come lo chiama la sua crew, è un autore che stimola identificazione, che si racconta addosso e non fa differenza tra vissuto e scrittura. Con uno così è impossibile rimanere indifferenti.