Hanno interrotto la visione di una partita del campionato di calcio vista tramite siti pirata con un cartello apparso direttamente sui televisori smart o sugli schermi dei personal computer accesi dagli utenti ‘illegali’ che ora rischiano, a loro volta, anche di ricevere una multa salata. In una vasta inchiesta, infatti, oltre settecento siti web e 300 piattaforme Iptv pirata per la trasmissione di contenuti a pagamento sono stati oscurati dalla Guardia di Finanza. Secondo quanto si apprende da fonti inquirenti, l’attivita’ e’ rientrato nell’ambito di una maxi indagine del Nucleo speciale tutela privacy e frodi tecnologiche delle Fiamme Gialle coordinata dalla procura di Napoli. L’attivita’, iniziata nel corso della giornata, e’ poi proseguita per ore, con sviluppi che ancora devono terminare. In pratica, su centinaia di pagine on line, alcune delle quali stavano gia’ trasmettendo la partita di serie A Cagliari-Sampdoria, e’ comparso un cartello che avvisava gli utenti che stavano utilizzando un servizio illegale. Su televisori e computer, ma anche sui telefonini e altri device degli utenti connessi ai servizi streaming pirata e’ comparsa la scritta nella quale era riportato che i siti e le piattaforme in quel momento visualizzate erano state “sottoposte a sequestro per violazione sulle norme di proprieta’ intellettuale su ordine della Procura della Repubblica di Napoli”.
L’avviso ha spiegato inoltre agli utenti che “la sottoscrizione o l’utilizzo di servizi di streaming illegale comporta la pena da sei mesi a tre anni e la multa da euro 2.582 a euro 25.822”, in base alla legge sul diritto d’autore e ha avvertito gli utilizzatori dei servizi pirata che i loro “dati di accesso costituiscono materiale probatorio a disposizione dell’Autorita’ Giudiziaria”. L’operazione, che non si e’ ancora conclusa e proseguira’ nelle prossime ore con l’obiettivo di inibire l’accesso illegale a ulteriori piattaforme e bloccare la fruizione di contenuti piratati, riguarda in particolare anche centinaia di canali Telegram. Dalle indagini, sempre secondo quanto e’ stato possibile ricostruire dalle fonti inquirenti, sarebbero emersi collegamenti tra la vendita dei contenuti a pagamento e la gestione degli abbonamenti illeciti da parte della criminalita’ organizzata.