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Quasi 80mila morti. Il Cts: stato d’emergenza fino a luglio
CRONACA
12 gennaio 2021
Quasi 80mila morti. Il Cts: stato d’emergenza fino a luglio
Redazione

Prorogare lo stato d’emergenza fino al 31 luglio, mondiali di sci a Cortina a porte chiuse, niente riapertura degli impianti sciistici. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico ribadiscono la loro contrarietà all’allentamento delle misure restrittive e, anzi, invitano il governo in vista del nuovo Dpcm che entrerà in vigore venerdì 16 a mantenere i provvedimenti emergenziali per altri sei mesi. Dalla parte degli scienziati ci sono i numeri.

Altri 14mila contagi in un giorno e un tasso di positività che non riesce a scendere sotto il 10% da giorni ma, soprattutto, ancora 616 vittime in 24 ore: dall’inizio dell’emergenza il virus si è portato via quasi 80mila persone, un’ecatombe. Gli esperti, nel parere al governo, indicano quattro elementi che secondo loro rendono necessario il prolungamento dello stato d’emergenza. Innanzitutto, l’impatto “ancora importante” che la curva del virus ha sui posti letto in terapia intensiva e in area medica: in base ai dati dell’ultimo monitoraggio, 13 regioni e province autonome hanno superato la soglia critica.

Ma non solo: c’è da tener conto della campagna vaccinale, che a breve entrerà nel vivo e non deve essere inficiata da un aumento esponenziale dei contagi, c’è una situazione internazionale “preoccupante”, come dimostra quanto sta avvenendo in Gran Bretagna e Germania; c’è il rischio di una sovrapposizione tra l’influenza stagionale e il Covid che potrebbe provocare un sovraccarico dei servizi sanitari. Serve dunque fronteggiare la pandemia, è la conclusione degli scienziati, con gli strumenti che garantisce lo stato d’emergenza, almeno fino alla fine di luglio quando il vaccino avrà raggiunto una fetta consistente della popolazione.

Ed è in quest’ottica che vanno viste le altre indicazioni arrivate dagli scienziati al termine della riunione di oggi. Dopo aver dato il via libera ai mondiali di sci di Cortina, ma a porte chiuse e con la raccomandazione che gli atleti restino in paese il minor tempo possibile per evitare assembramenti, il Cts ha espresso “grande preoccupazione” per la possibile riapertura degli impianti sciistici il 18 gennaio, anche alla luce di una considerazione: molte delle regioni in cui si trovano gli impianti, dalla Lombardia al Veneto fino alla provincia di Bolzano, sono proprio quelle in cui la pandemia sta colpendo di più.

Un’indicazione dunque in linea con il governo, che ha già fatto sapere nella riunione con le Regioni di voler posticipare l’apertura. E non è un caso che i governatori abbiano virato sui ristori, avendo capito che difficilmente si potrà tornare a sciare. In una nuova lettera sottolineano come il settore “rischi di non avere più la forza di rialzarsi” una volta passata la crisi e chiedono risorse “certe, immediate e proporzionate alle perdite subite” per i gestori degli impianti, per i lavoratori stagionali e per tutte le attività correlate. Dagli esperti è invece arrivata una leggera apertura per gli sport individuali: l’indicazione è di valutare lo stato epidemico a livello locale tenendo in considerazione che in alcuni casi lo sport individuale può essere inteso come attività di interesse terapeutico.

Suggerimenti che dovrebbero finire nel nuovo Dpcm, assieme alle altre misure: il ministro della Salute Roberto Speranza le illustrerà domani in Parlamento e giovedì, dopo un ulteriore passaggio con le Regioni, dovrebbe esserci il Cdm per il via libera ai provvedimenti. L’impianto è comunque definito: verranno confermati il divieto di spostamento tra le regioni, anche quelle gialle, il coprifuoco dalle 22 alle 5, l’apertura dei ristoranti fino alle 18 nelle zone gialle, la regola che consente una volta al giorno a massimo due persone di andare a trovare parenti e amici. Con il Dpcm sarà poi introdotto il divieto di vendita d’asporto per i bar a partire dalle 18 per evitare gli assembramenti e, soprattutto, l’intervento sugli indici di rischio, per facilitare l’ingresso in zona arancione delle regioni a rischio alto.

Una misura che si accompagna all’abbassamento della soglia dell’Rt: con 1 si va automaticamente in zona arancione, con 1,25 in zona rossa. Modifiche che porteranno mezza Italia in arancione e una parte in rosso: ad oggi sono 12 tra regioni e province autonome in questa situazione, con Lombardia e Emilia Romagna nelle prime posizioni.

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