Sono 222 le mutazioni finora identificate sulla proteina Spike, l’arma utilizzata dal virus SarsCoV2 per aggredire le cellule umane, e sono circa 94 quelle del rivestimento del virus: “L’elevata variabilità riscontrata negli isolati del virus SarsCoV2 rende necessario farci capire se tali varianti abbiano un ruolo nella patogenicità del virus, sia per meglio comprendere i meccanismi di infezione che per favorire lo sviluppo di nuove terapie e vaccini”, ha detto Ettore Capoluongo, ordinario di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica dell’Università Federico II di Napoli, membro della Task Force Covid19 del Ceinge-Biotecnologie avanzate di Napoli e componente del gruppo di esperti Expamed (Expert panel on medical devices and in vitro diagnostics) della Commissione Europea.
In generale, la replicazione del materiale genetico del virus, l’Rna, “è circa mille volte più soggetta ad errori rispetto a quella del Dna per la mancanza di meccanismi di correzione”. Per questo i coronavirus cambiano continuamente le loro strutture tramite varianti generate da fenomeni di mutazione, delezione e/o inserzione”. La regione del genoma è il recettore Rbd, la chiave molecolare con cui la proteina Spike cerca di penetrare nelle cellule. “La maggiore frequenza di varianti nel dominio Rbd della proteina Spike indicherebbe che esso è molto variabile in quanto responsabile del legame al recettore cellulare dell’ospite”, osserva l’esperto. L’accumulo delle mutazioni durante i focolai stagionali aiutano il virus a sopravvivere grazie al processo di selezione naturale, come avviene per i virus influenzali. Per questo, secondo l’esperto, “è necessario monitorare le mutazioni nel genoma del virus nella proteina Spike che ha direttamente un ruolo nel legare e infettare la cellula”.