Non sono carabinieri del Ris di Parma. Stavolta sono scienziati, ricercatori e tecnici del Cert ‘Cetaceans strandings Emergency Response Team’, tra le eccellenze italiane nel mondo nello studio dei grandi cetacei, e gli operatori del C.Re.Di.Ma., Centro di referenza degli istituti zooprofilattici per gli spiaggiamenti di mammiferi marini sulle coste italiane. In tuta bianca e mascherine, armati di bisturi, o meglio di seghe e motoseghe, strumenti tecnologici, attrezzature per la documentazione fotografica, il super team, coordinato da Sandro Mazzariol, professore dell’Università di Padova, ha cominciato oggi l’esame necroscopico sulla carcassa della balenottera trovata morta giovedì scorso nelle acque del porto di Sorrento. Gli esami forniranno chiarimenti sul decesso. La carcassa presenterebbe una lesione alla spina dorsale. È ancora tuttavia molto presto per determinare se sia stata questa o meno la causa del decesso dell’animale.
Una prima ipotesi, era che il mammifero, una femmina, fosse deceduto a causa di un virus, il cosiddetto morbillo delle balene, endemico nel Mediterraneo dalla fine degli Anni ’80. “L’esame macroscopico, cominciato questa mattina presto, teoricamente dovrebbe durare intorno alle 12 ore”, ha spiegato Vincenzo Olivieri, presidente del Centro Studi Cetacei. La lunghezza del mammifero, una balenottera comune, è di 19.70 metri una misura che, in attesa di ultima conferma, la renderebbe la balenottera più grande mai registrata in tutto il Mediterraneo.
Il suo peso sfiora le 75 tonnellate anche a causa dell’avvio della putrefazione in acqua. Da altre indiscrezioni, emerge che l’esemplare, una femmina, non avrebbe avuto recenti gravidanze. Un elemento importante considerato che, dopo il ritrovamento sui fondali del porto di Sorrento, è circolata l’ipotesi, ancora in auge, che nei dintorni vi fosse anche un cucciolo cucciolo avrebbe poi fatto perdere le tracce. Sulla banchina del porto di Napoli dove si sta procedendo al sezionamento della carcassa oggi erano circa una trentina tra scienziati, tecnici e ricercatori.
Le valutazioni saranno effettuate in collaborazione con gli studiosi del Museo di Storia Naturale di Milano e dell’Istituto di Ricerca Tethys. Per arrivare al porto di Napoli, la balenottera ha attraversato nella notte tra mercoledì e giovedì il golfo, da Sorrento, trasportata da un convoglio di imbarcazioni, le motovedette CP267 e CP532 della guardia costiera.
L’impresa ha coinvolto mezzi e uomini delle capitanerie di porto di Castellammare e Napoli, coordinati dalla Direzione Marittima e i subacquei e il personale del Reparto operativo del Comando generale della Guardia costiera, che ha inviato sul posto il proprio Laboratorio ambientale mobile. L’arrivo, al molo San Vincenzo, poi ai cantieri Megaride. “È stata un’operazione complessa me ne è valsa la pena. Sia per stabilire le cause che per la ricerca. In attesa della possibile musealizzazione”, ha detto Lucio Cacace, presidente Amp Punta Campanella.
“L’arrivo della balena proprio a Sorrento ha un valore simbolico fortissimo”, ha affermato la presidente di Marevivo Rosalba Giugni. Le balene sono presenti da sempre nel Golfo di Napoli ove transitano molti cetacei perché c’è una fossa tra Capri e Punta Campanella dove si recano per nutrirsi. Quello che è insolito è la dimensione di questa balena. Intanto si pensa al dopo. Eseguita l’autopsia, si procederà alla musealizzazione dello scheletro, come richiesto anche dall’Amp. “Stiamo pensando – ha detto il sindaco di Sorrento Massimo Coppola – di inumare i resti in un campo vuoto del cimitero di Sorrento per i mesi necessari (da 6 a 10) ad asciugare le ossa. Poi vorremmo esporre lo scheletro al porto anche per iniziative didattiche, prima di trasferirlo al museo dell’Amp Punta Campanella. Vogliamo solo trattenere un frammento di osso per donarlo al nostro Sant’Antonino”.