Torre del Greco. Venti euro fuori al seggio, ma non solo. Perché per comprare un voto nei quartieri di frontiera della quarta città della Campania poteva bastare una busta di carne o un pacco alimentare: una «procedura» nota a diversi habitué del Comune, non a caso pronti a puntare sulla zona di corso Garibaldi e San Giuseppe alle Paludi per raccogliere «consensi» dalle famiglie povere. L’agghiacciante consuetudine – già emersa all’esito delle indagini sullo scandalo del voto di scambio alle elezioni 2018 – viene bollata dal gip Antonio Fiorentino del tribunale di Torre Annunziata come «un criminale mercimonio indegno di un paese civile».
Eppure «regolarmente» portato avanti a ogni corsa alle urne, come confermato da Giovanni Massella, il capo dei netturbini-precari arrestato e condannato nell’ambito del primo filone dell’inchiesta: «Dopo avere distribuito la magliette nella zona di San Giuseppe – la confessione messa a verbale dall’erede del boss ucciso in un agguato di camorra – Simone Magliacano mi disse di desistere perché lì si erano indirizzati personaggi “pericolosi” di cui aveva paura». In particolare, Vincenzo Izzo – il titolare della pescheria Don Do’ noto come pisiello – e diversi volti noti agli ambienti politici: l’ex consigliere comunale Aniello Esposito – arrestato per camorra nel 2004, all’epoca in cui era capogruppo di Forza Italia – Antonio Scognamiglio e l’ex assessore Donato Capone.
Tutti completamente estranei alle indagini, eppure temuti dalla «squadra» guidata da Simone Magliacano. In quella zona, scrive il gip Antonio Fiorentino, Gennaro Savastano si prodigò per la distribuzione di 200 pacchi alimentari e buste di carne procurate da Gianluca Melluso – marito di Ida Fiore, candidata al consiglio comunale in tandem con Mario Buono – per «avvicinare» le famiglie povere. Perché nei rioni difficili di Torre del Greco la politica compra la fame degli elettori. Non solo con i 20 euro fuori i seggi.
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