Lorena ha 62 anni e “tutti i suoi soldi in un bar aperto 15 anni fa a Bologna e che da un anno è solo in perdita”. Piange sommessamente, consolata da un poliziotto, mentre nella piazza davanti a Palazzo Chigi gli agenti caricano i manifestanti. Piange perchè, dice quasi vergognandosi, “ormai lavoro per un euro all’ora”. Lavora non per guadagnare ma per perderci. Poco più in là lo sciamano Ermes, 51enne ristoratore modenese, arringa la folla vestito come Jack Angeli, il vichingo complottista dell’assalto di Capitol Hill. “Mi sono dovuto vestire da pagliaccio per attirare l’attenzione. Spero che ora qualcuno si accorga di noi e ci ascolti. Sono andato dagli strozzini per pagare i dipendenti”, dice con un certo disperato disincanto circondato da fotografi e cameraman. Tra Lorena e Ermes ribolle la rabbia di commercianti, partita Iva, proprietari di palestre (“anzi ormai ex proprietari”), ristoratori. Ai margini, vestiti di nero, cappucci d’ordinanza, silenti ma vigili, i militanti di CasaPound che si sono voluti unire alla protesta del movimento #IoApro. La prima, vera, piazza di protesta contro le misure anti Covid è fatta di tante storie diverse e poca politica -se non fosse per la macchia nera dell’estrema destra di CasaPound-: ad unirla la disperazione e l’esasperazione “per l’assenza di prospettiva”.
Un futuro ‘nero’ che unisce dipendenti e proprietari di aziende, ora dalla stessa parte della barricata a protestare contro “le misure che ci affamano da un anno”. Lo dicono all’unisono un uomo, chiaro accento del nord, e un suo dipendente immigrato: “siamo qui assieme per ricordare all’Italia l’articolo 1 della Costituzione”, dice il datore di lavoro. Il dipendente annuisce. Altri manifestanti distribuiscono necrologi in cui si annuncia la morte di palestre e Partite Iva. Il grosso della piazza lo fanno i ristoratori del movimento #IoApro arrivati da ogni dove. Con l’inflessione che la Regione di provenienza impone chiedono di riaprire. “Non vogliamo contributi, non vogliamo sostegni, vogliamo lavorare, fateci alzare le serrande”, ripetono. Qualcuno sottovoce dice di essersi rivolto “agli usurai per andare avanti”, altri parlano di “criminalità in agguato per prendersi tutto”. Qualcuno indossa la mascherina. Molti non la hanno perchè “è un anno che le portiamo e la gente continua a morire, è un anno che siamo chiusi e non è cambiato niente”. Però la maggior parte non vuole essere etichettato come “negazionista o no mask”. O peggio no vax. “Fateci riaprire, ascoltateci, dateci una speranza”, dice un ristoratore mentre s’incammina tra le serrande abbassate del centro di Roma.