Dalle prime ore di questa mattina Carabinieri e Guardia di finanza stanno eseguendo misure cautelari nei confronti di 45 persone nelle province di Salerno, Brescia, Napoli, Caserta, Cosenza e Taranto: le accuse sono associazione per delinquere con l’aggravante del metodo mafioso finalizzata alle frodi in materia d’accise e iva sugli olii minerali, intestazione fittizia di beni e società, e truffa ai danni dello Stato. I carabinieri del Comando provinciale di Salerno e i militari della Guardia di Finananza di Salerno e Taranto stanno conducendo in tal senso un’operazione coordinata dalle direzioni distrettuali Antimafia di Potenza e Lecce ed eseguendo due ordinanze applicative di misure cautelari personali e reali emesse dai rispettivi gip. Altre 71 inoltre le persone denunciate a piede libero nell’ambito delle stesse indagini. Le attività investigative hanno dato modo di accertare l’infiltrazione del clan dei Casalesi e del clan Cicala nel lucroso mercato degli idrocarburi nei territori del Vallo di Diano (Salerno) e del Tarantino. I particolari dell’operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa tenuta dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, dai procuratori distrettuali antimafia di Potenza e Lecce, dal comandante provinciale dei Carabinieri di Salerno e dai comandanti provinciali della Guardia di finanza di Salerno e Taranto alle ore 11 presso il Palazzo di Giustizia di Potenza.
Cafiero De Raho: evoluzione delle mafie
“L’infiltrazione mafiosa nel settore della commercializzazione degli idrocarburi è uno degli aspetti più significativi dell’evoluzione dei gruppi criminali”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia, Federico Cafiero De Raho, in videocollegamento con il Palazzo di giustizia di Potenza nel corso della conferenza stampa sull’operazione che stamani ha portato a 45 misure cautelari. Il procuratore nazionale ha messo in evidenza come questa operazione “sia importantissima anche in riferimento al reinvestimento da parte delle organizzazioni criminali, come camorra e ‘ndrangheta, nella commercializzazione degli idrocarburi”. Cafiero De Raho ha poi sottolineato “lo straordinario svolto in sinergia dalle Procure distrettuali di Potenza e Lecce con Carabinieri e Guardia di Finanza”.
“Le organizzazioni mafiose hanno un’importante capacità di monitoraggio del mercato e si insinuano dove è più redditizio”. “Nel settore degli idrocarburi – ha specificato Cafiero De Raho – il guadagno è del 50 per cento di quello che è stato investito e poi c’è l’abbassamento del rischio rispetto al profitto, ad esempio, per ciò che riguarda il traffico di sostanze stupefacenti”
Una “miniera d’oro” fra Campania e Puglia
Una “vera e propria miniera di oro nero” sull’asse Campania-Puglia, con “rilevantissimi profitti” per i clan – quello dei casalesi e quello dei tarantini – che hanno raggiunto i 30 milioni all’anno: sono due degli aspetti principali dell’inchiesta su frodi nel commercio dei carburanti delle direzioni distrettuali antimafia di Potenza e Lecce che, stamani, hanno portato in carcere 26 persone, undici ai domiciliari, oltre alla notifica di sei divieti di dimora. Prima conclusione raggiunta: la criminalità organizzata si finanzia “se non in via esclusiva, in via assolutamente prevalente”, col traffico di droga e il contrabbando, “in proporzioni gigantesche, cui mai si era arrivati nel passato”. In 14 mesi di inchiesta Carabinieri e Guardia di Finanza hanno scoperto che “ingentissime quantità di carburante per uso agricolo”, che gode di agevolazioni fiscali particolari, venivano vendute “a soggetti che poi lo immettevano nel normale mercato per autotrazione, assai spesso utilizzando le cosiddette ‘pompe bianche'”. Tutto era preparato con accortezza: persino in caso di controlli ad un’autobotte l’autista azionava una pompa che erogava un colorante che “allineava il prodotto ai documenti esibiti”.
Durante le indagini, gli investigatori hanno utilizzato “captatori informatici, dispositivi gps e microfoni ambientali”: è stato scoperto, secondo le Dda di Potenza e Lecce, un “pactum sceleris” fra una società di commercio di prodotti petroliferi e il clan dei Casalesi per creare un “avamposto” del gruppo mafioso nel Vallo di Diano, in Campania. E’ un aspetto dell’inchiesta, quest’ultimo, che ha portato al sequestro di varie aziende che operano nel settore petrolifero, denaro contante, autocisterne, immobili e beni degli indagati per un valore totale di circa 50 milioni di euro. Uno degli imprenditori coinvolti, resosi conto che aveva perso il controllo della sua società, “ormai di fatto in mano” a un clan campano, ha rischiato di scatenare “una vera e propria guerra” (era stato assoldato un killer per uccidere il capo del clan, progetto poi abbandonato), evitata soltanto perché era “mutuo interesse” non provocare “eccessivi allarmi sulle attività illecite portate avanti, estremamente lucrose per entrambi le parti”. Durante l’inchiesta è stato scoperto anche un carabiniere “infedele” (riceveva taniche di gasolio che poi rivendeva in cambio di informazioni ai clan), che nel 2019 è stato trasferito dalla Campania ad un incarico “non operativo”