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Covid, anno nero: nel 2020 record di morti, mai così tanti dal Dopoguerra
CRONACA
10 giugno 2021
Covid, anno nero: nel 2020 record di morti, mai così tanti dal Dopoguerra
Redazione

Oltre 4 milioni di positivi, quasi 750 mila vittime, 100 mila in più rispetto alla media dell’ultimo quinquennio. Sono i dati impietosi dell’anno nero del Covid, con la pandemia che ha fatto schizzare il numero dei morti come mai era accaduto dal secondo Dopoguerra in poi. Il giorno più buio è quello del 28 marzo 2020 quando il bollettino fece segnare il picco dei decessi: 928. Lo stesso mese in cui il mondo partecipava al dolore dell’Italia davanti alle immagini dei camion dell’esercito con le bare di Bergamo. Il nuovo rapporto pubblicato da Istat e Istituto Superiore di Sanità, però, porta anche una luce di speranza legata ai vaccini che hanno letteralmente demolito il rischio di morte, con un crollo addirittura del 95% dopo poco meno di due mesi dalla prima dose. A confermare il trend arrivano anche i dati della Fondazione Gimbe, che evidenziano un crollo dei ricoveri (-84%) dal picco del 6 aprile. Il sesto rapporto Istat-Iss sull’incidenza della pandemia in Italia registra nel 2020 un aumento del 9% della mortalità rispetto alla media del quinquennio 2015-2019. Le regioni con gli aumenti significativamente più rilevanti sono Piemonte, Valle D’Aosta, Lombardia e la Provincia autonoma di Trento. Al contrario, le Regioni del Centro e del Mezzogiorno non mostrano variazioni rilevanti.

Il Covid, secondo quanto rilevato dal dossier, ha un impatto maggiore tra gli uomini e aumenta la mortalità in particolare sulla fascia di età 65-79 anni, dove un decesso su 5 è attribuibile proprio al virus. Quasi la metà dei casi di positività da inizio pandemia (il 46%) è stata registrata nei primi quattro mesi del 2021, un quadrimestre dove però appare evidente il calo dei contagi tra gli ultraottantenni e un abbassamento dell’età dei casi segnalati. “Questo – si legge nel rapporto – è un segnale di come la campagna di vaccinazione, le raccomandazioni e la prevenzione messa in atto abbiano dato esiti postivi nel ridurre la trasmissione di malattia nella fascia anziana della popolazione, ma è anche una conseguenza dell’aumentata capacità diagnostica e delle attività di contact tracing che hanno facilitato l’identificazione di casi tra la popolazione più giovane, più frequentemente paucisintomatici o asintomatici”.

Le buone notizie arrivano invece dalla campagna vaccinale, particolarmente seguita dal 95% degli italiani. Il secondo rapporto dell’Iss sull’impatto del piano sulla popolazione, infatti, ha evidenziato una riduzione progressiva del rischio di infezione (-80%), di ricovero (-90%) e di decesso (-95%). Gli effetti dell’immunizzazione si sono fatti sentire in particolare per le fasce più anziane della popolazione, con un crollo evidente dei decessi in particolare tra gli ultraottantenni, che ha portato di conseguenza ad un calo del 70% delle vittime totali. Dati confortanti che fanno da contrappeso a quelli dell’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane, secondo i quali il Covid ha bruciato nel giro di 15 mesi la speranza di vita conquistata dagli italiani in 10 anni, con effetti maggiori tra le persone fragili. La riduzione della speranza di vita della popolazione è stata calcolata in -1,4 anni, con punte di -2,6 in Lombardia tra gli uomini e -2,3 in Valle d’Aosta tra le donne. A livello nazionale la variazione tra il 2019 e il 2020 di questo indicatore è stato pari a -1,4 anni per gli uomini e -1,0 anni per le donne.

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