Dopo gli ultimi drammatici mesi, “finalmente la pandemia da Covid-19 si trova in un’evidente fase di raffreddamento in Italia, ma in altri paesi la situazione è decisamente peggiore e negli Stati Uniti, ad esempio, come pure in Spagna e nel Regno Unito, si osserva negli ultimi giorni qualche segnale di allarme”. Lo rileva Giuseppe Arbia, professore di Statistica economica all’Università Cattolica di Roma e curatore del sito COVSTAT sull’andamento pandemico da Covid-19. Infatti, chiarisce l’esperto, “sebbene in questi tre paesi il numero di decessi sia in calo costante – fermo da settimane su numeri molto bassi nel Regno Unito, il più basso da novembre in Spagna e addirittura il più basso da marzo del 2020 negli Usa – si è tuttavia registrata recentemente una ripresa del numero dei nuovi casi i quali, negli ultimi 10 giorni, sono passati da 57000 a 66000 nel Regno Unito (+15%), da 11000 a 13000 negli USA (+11%) e da 5000 a 6000 in Spagna (+20%)”.
Ma la situazione “più allarmante si registra in paesi quali India e Brasile nei quali – afferma – osserviamo una decisa ripresa del numero dei decessi, che rappresentano la misura più drammatica, ma anche la più affidabile, dell’andamento della pandemia. In particolare, il numero di decessi giornalieri negli ultimi 10 giorni è passato da 2500 a 3500 in India (+40%) e da 1800 a circa 2000 in Brasile (+11%). E se in India i contagi sono comunque in calo costante da maggio, in Brasile se ne registra, invece, un’allarmante crescita nell’ultima settimana da 57000 a 70000 (+22%)”. Queste differenze, sottolinea, sono dovute ovviamente al diverso andamento della campagna vaccinale ed in particolare alla diversa diffusione delle varianti del virus. La variante Delta in primis che, nella sua sotto-variante 2 (B.1.617.2), avverte Arbia, “rappresenta oggi la maggiore minaccia a livello mondiale”.
L’efficacia dei vaccini
La variante Delta, chiarisce l’esperto, “presenta alcune caratteristiche peculiari che la rendono particolarmente pericolosa. Innanzitutto, essa è il 60 % più contagiosa della variante Alfa la quale a sua volta era il 40% più contagiosa del ceppo originario. In secondo luogo, colpisce maggiormente le fasce di popolazione più giovane. Infine, tale variante è meno reattiva ai vaccini esistenti i quali, in particolare, sono scarsamente efficaci se somministrati solo con la prima dose e fino alla completa vaccinazione”. Un recentissimo studio apparso su Lancet e basato su un campione di circa 20.000 individui osservati in Scozia da aprile a giugno, ricorda Arbia, “quantifica inoltre alcuni di questi aspetti peculiari della variante Delta: lo studio, infatti, evidenzia innanzitutto come il rischio di ospedalizzazione connesso con la variante Delta è circa il doppio della variante Alfa. Inoltre, l’efficacia del vaccino Pfizer sulla variante Delta scende dal 92% al 79% rispetto alla variante Alfa, ma, ancora più drammaticamente, il vaccino AstraZeneca presenta un’efficacia sulla variante Delta che si riduce dal 73% al 60 % rispetto alla variante Alfa”. Infine, rileva, “la copertura dai casi gravi derivanti dalla variante Delta (la quale con Pfizer è pari al 94% dopo una dose e sale al 96% dopo la seconda), scende invece al 71% dopo una dose e al 92% dopo la seconda per AstraZeneca”.