Assistenza di anziani e fragili, ma anche possibili degenze per tagliare i tempi di ricovero in ospedale dopo un intervento, attività nella prevenzione di malattie su soggetti deboli. Si accelera sulle cure a casa con un investimento di 4 miliardi di euro con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e ora anche l’Intesa Stato-Regioni che estende a questo tipo di assistenza domiciliare il sistema di autorizzazione e accreditamento per tutti gli enti e soggetti, pubblici e privati, che erogano tali servizi. L’Intesa definisce protocolli e requisiti elevati e “omogenei” per l’intero territorio nazionale. Con l’Intesa “si compie un passo fondamentale per costruire la sanità di domani. Con il Pnrr investiamo 4 miliardi di euro per portare l’assistenza pubblica e le cure più appropriate in casa dei pazienti. Saremo in grado di curare meglio le persone, evitando il ricorso all’ospedale quando non è necessario e utilizzando al meglio le risorse”, afferma il ministro della Salute, Roberto Speranza. Viene data attenzione particolare per gli aspetti strutturali, competenze del personale, appropriatezza e sicurezza delle cure. Di rilievo la richiesta di umanizzazione del servizio. Si prevede che la governance dei percorsi di cure domiciliari sia nella titolarità della Regione che effettua la programmazione e la definizione del fabbisogno, rilascia i provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento, stipula (direttamente o tramite le Aziende Sanitarie) gli accordi contrattuali, attua un sistema di vigilanza e di controllo che riguarda l’accertamento preventivo del possesso dei requisiti strutturali tecnologici ed organizzativi e successivamente il loro costante controllo.
Il governo clinico assistenziale dei percorsi di cure domiciliari è in carico all’azienda sanitaria territoriale di riferimento. La definizione del fabbisogno, la valutazione e il monitoraggio dei risultati rientrano nell’ambito delle prerogative di competenza regionale. Inoltre rispetto al Patto per la salute 2014-2016, si introducono requisiti di miglioramento per garantire uniformità in merito ad aspetti essenziali del percorso di cura quali la tempestività della presa in carico, la formalizzazione del progetto di assistenza individuale, la rivalutazione periodica, gli strumenti per valutare l’efficacia e l’appropriatezza del progetto di assistenza individuale ma anche la continuità delle cure e la circolazione delle informazioni tra ospedale e territorio. Ma curare i pazienti a casa significa anche “risparmi giganteschi” per il Servizio sanitario nazionale, come evidenzia il deputato del Gruppo Misto, Giorgio Trizzino, da 600 euro al giorno di degenza media in medicina interna a 60 euro di costo se le cure, ove possibile, vengono effettuate a casa. Inoltre “il paziente può scegliere” e l’obiettivo è “deospedalizzare” contro il sovraccarico dei reparti, “come abbiamo visto anche nell’esperienza del Covid che ci insegna quanto l’assistenza territoriale sia fondamentale”. Centrali per le cure a casa, sottolinea poi Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), sono gli infermieri mentre il presidente della Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed Ospedaliere (Fiaso), Giovanni Migliore, è pronto a mettere a disposizione competenze ed esperienze “per attuare in tempi certi quanto previsto dal Pnrr e dalle indicazioni della intesa”. Il Pnrr per l’assistenza sanitaria territoriale prevede in totale 7 miliardi, di cui 2 da destinare alle Case della Salute, 4 alle cure a casa (2,72 miliardi connessi ai costi derivanti dal servire un numero crescente di pazienti, puntando alla fine del piano alle cure domiciliari per 1,5 milioni di over 65), 0,28 miliardi per l’istituzione delle 602 Centrali Operative Territoriali (Cot), una in ogni distretto, e 1 miliardo per la telemedicina; 1 miliardo infine a favore dei 381 Ospedali di Comunità.