SALERNO – La Corte d’Appello di Salerno ha condannato la disciolta Usl 53 a risarcire la somma di 450.000 euro agli eredi di una donna morta a seguito del contagio da epatite C contratta dopo la somministrazione di una trasfusione infetta, avvenuta nel 1983 all’ospedale di Salerno “San Giovanni di Dio e Ruggi D’Aragona”. Il caso è stato seguito da Pasquale Berna, avvocato del foro di Nocera Inferiore ed esperto in colpa medica, che ha difeso la donna danneggiata e, dopo la sua morte, i suoi eredi. “In questo tipo di cause – spiega il legale in una nota -, nella stragrande maggioranza dei casi viene condannato il Ministero della Sanità per non avere adottato le misure idonee a prevenire ed impedire la trasmissione di malattie mediante il sangue infetto. In questo caso, invece, la Corte d’Appello di Salerno, nella persona del presidente Ornella Crespi, accogliendo totalmente la tesi di parte attrice, ha riconosciuto un’ulteriore responsabilità nell’operato dell’ospedale di Salerno, già all’epoca centro trasfusionale, per non aver effettuato i dovuti controlli sulle sacche di sangue e per aver somministrato una trasfusione non necessaria senza, peraltro, acquisire il consenso della paziente. È bene precisare che oggi, fortunatamente, ci sono severi protocolli da seguire nella raccolta di sangue e i controlli sui donatori danno massima sicurezza”.
CRONACA
8 novembre 2021
Morì dopo la trasfusione infetta, il tribunale condanna l’Usl di Salerno. 450mila euro agli eredi della vittima