C’era anche il genitore di un alunno sgridato tra gli aggressori del docente dell’istituto comprensivo statale “Antonio de Curtis” di Casavatore, Enrico Morabito, picchiato sotto casa da alcune persone il 17 febbraio scorso dopo che durante le lezioni del mattino aveva richiamato all’ordine gli studenti della sua classe delle medie. I carabinieri ne hanno identificati due, entrambi di 35 anni e residenti a Napoli e Casavatore; uno di loro è il padre di un alunno. A loro carico la Procura della Repubblica di Napoli Nord ha emesso avviso di conclusione indagini per i reati di lesioni personali aggravate. All’aggressione avrebbero però preso parte anche altre persone, non ancora identificate. Il professore supplente, il giorno dopo l’aggressione, denunciò l’episodio di cui era rimasto vittima con un post su Facebook corredato dalla foto di lui con i visibili segni del pestaggio sul viso; una foto scattata dopo essere uscito dall’ospedale di Frattamaggiore. “Ho sgridato la classe e mi hanno picchiato” scrisse. Il docente presentò denuncia ai carabinieri, e in tre settimane i militari della stazione di Casavatore e della compagnia di Casoria, coordinati dalla Procura di Napoli Nord (Procuratore Maria Antonietta Troncone), grazie a dichiarazioni di testimoni e immagini dei sistemi di videosorveglianza, sono riusciti a identificare due degli aggressori e anche a chiudere le indagini, vista la rilevanza degli elementi di prova trovati nei confronti dei due 35enni.
La circostanza che tra i due vi fosse il papà di un alunno conferma in pieno il racconto del prof, che nel suo sfogo scritto subito dopo l’aggressione, sottolineò con amarezza come “la rovina dei figli sono i genitori”. Tutto ebbe inizio la mattina del 17 febbraio, quando Morabito, all’ultimo giorno di supplenza alla scuola Antonio de Curtis di Casavatore, richiamò la classe, una prima media, all’ordine, “dal momento che facevano chiasso disturbando di continuo la lezione” spiegò lo stesso docente su Facebook e poi ai carabinieri. Morabito mise anche una nota ma i ragazzi continuarono a fare come volevano: “Chi usciva, chi faceva assembramenti, chi si sedeva sul davanzale della finestra. A quel punto li ho richiamati un po’ più aspramente, dicendo loro che se avessero continuato così, la scuola poteva decidere provvedimenti disciplinari più seri, come la sospensione.
La cosa è finita lì”. O così sembrava; il pomeriggio alle 16 un gruppo di persone citofona a casa di Morabito. “Mi hanno chiesto se insegnavo nella scuola in questione e io ho detto loro che ho svolto solo un breve supplenza e ho chiesto loro chi fossero. Erano in 5. Età fra 40 e.50 anni. Pieno pomeriggio. Viso scoperto. Non mi hanno dato tempo di fare altre domande che subito mi hanno aggredito verbalmente e fisicamente. Sul portone del palazzo ancora si vedono macchie del mio sangue. E per fortuna che non erano armati, avrebbero potuto fare di peggio”. Qualche giorno dopo, parlando con la stampa, Morabito, ancora molto amareggiato e deluso, disse: “”Le vittime siamo due: io e i ragazzi. Io perché ho subito l’aggressione, ma anche loro, gli studenti, ai quali viene mostrata una società falsata, non basata sull’amore e sul rispetto ma sull’odio”