Il calcio italiano sta vivendo uno dei periodi più bui della sua storia. A testimonianza di ciò abbiamo, ad esempio, un numero abnorme di società fallite negli ultimi 20 anni, un andamento altalenante della Nazionale e scarsisssimi risultati delle squadre di club nelle competizioni europee.
Attualmente sono oltre 170 le società italiane che hanno alzato bandiera bianca nel corso di questi anni, alcune delle quali anche più di una volta. Viene da chiedersi come mai in Italia falliscono così tanti club? Tra i vari motivi c’è sicuramente una cattiva gestione economica, abbinata al mancato raggiungimento dei risultati prefissati.
Il caso più recente riguarda il Catania. La compagine etnea, dopo anni travagliati, ha recentemente dichiarato il fallimento della società, dicendo addio al calcio e provocando grande tristezza nei propri tifosi. I problemi dell’era moderna non affliggono solo i piccoli club, ma anche le big della Serie A, che si trovano a scontrarsi continuamente con le istituzioni per la questione stadio. Infatti, le squadre italiane che possono vantare un impianto di proprietà si contano sulle dita di una mano.
Purtroppo, l’argomento stadio è solo la punta dell’iceberg delle difficoltà delle grandi squadre. Basti pensare alle continue ricapitalizzazioni di società come Inter, Milan e Juventus per mettere un freno alle defezioni finanziarie. Oppure a club come la Roma, che nell’era americana di Pallotta è stata costretta sistematicamente a vendere pezzi pregiati della propria rosa per rientrare dai debiti e fare mercato. Fino a poco tempo fa non c’era stabilità nella massima serie italiana, o meglio, si faceva fatica ad avere un quadro preciso sui proprietari dei club.
È il caso di Milan e Inter. Le due milanesi, non molti anni fa, avevano davanti un futuro a dir poco incerto a causa della gestione passata rispettivamente in mano al cinese Li Yonghong e all’indonesiano Erick Thohir. Dopo anni di sofferenze continue, dovute ai cambi di proprietà, le due milanesi adesso sembrano aver trovato finalmente la tanto agognata tranquillità societaria, con i rossoneri gestiti dal fondo americano Elliot ed i nerazzurri capeggiati dal presidente Steven Zhang. Anche se all’orizzonte per il mondo Milan sembrerebbe esserci un altro cambio di proprietà.
Nonostante l’arrivo di nuovi investitori nel calcio italiano, i club continuano a fare fatica nel restare al passo delle grandi d’Europa. In Serie A sono ormai poche le società che possono permettersi di sborsare cifre esorbitanti in chiave mercato e trasmettere il giusto appeal ai campioni.
A riprova di ciò vi sono dati inconfutabili che confermano il calo di prestigio del calcio italiano. Un tempo, i top player accettavano di buon grado le avances delle big di Serie A. Mentre oggi i grandi campioni preferiscono misurarsi in altri campionati. La massima serie è diventata un trampolino di lancio per le giovani promesse e tappa conclusiva per chi si avvicina alla fine della carriera.
Se 20 anni fa arrivavano in Italia giocatori del calibro di Ronaldo il fenomeno al massimo del suo potenziale, in tempi recenti sono giunti negli stadi della penisola calciatori ultra 30enni come Ronaldinho, Tevez, Fernando Torres e Cristiano Ronaldo. Questo conferma quanto il livello del calcio giocato in Italia si sia abbassato notevolmente.
La carenza di giocatori di qualità si riflette sui risultati delle nostre squadre oltre i confini. Le statistiche dimostrano che le italiane non sono più avversari così temibili.
L’ultimo successo in Champions risale al lontano 2010, quando ad alzare la coppa dalle grandi orecchie fu l’Inter di Mourinho. Mentre l’ultima vittoria in Coppa Uefa (Europa League) è datata 1999, dove a trionfare fu il Parma. A rompere questo digiuno, figlio di proposte calcistiche tutt’altro che efficienti, è stato proprio lo “Special One” Mourinho con la vittoria nella prima edizione della Conference League.
Lo specchio del calcio italiano è la Nazionale, mostratasi eccessivamente altalenante pur essendo una delle più titolate. L’Europeo portato a casa nel 2021 è stata una luce abbagliante ma ingannevole che ha tentato inutilmente di nascondere le mancate qualificazioni alla competizione mondiale. I fatti parlano chiaro, l’Italia non va al Mondiale da Brasile 2014 e non supera i gironi dal 2006.
Gli azzurri, quindi, mancheranno nell’ambito torneo per ben 12 anni di fila, ed è questa la cosa che dovrebbe far riflettere sul calcio italiano. L’ultima tegola per la nazionale di Mancini è arrivata in occasione della “Finalissima” disputata a Wembley contro i campioni della Copa America, l’Argentina.
Tutti questi risultati negativi evidenziano il malfunzionamento di un sistema obsoleto che non ha tra le priorità il valorizzare i giovani talenti.
L’errore sta alla base e deriva dalle scuole calcio, dove gli istruttori mettono davanti la carriera individuale rispetto al contribuire alla formazione di promesse, facendo prevalere la tattica e non la fantasia del singolo.
Un paese come l’Italia dovrebbe iniziare a fare un discorso serio in ambito sportivo a partire dalle scuole, carenti da sempre di strutture adeguate. Sarebbe opportuno investire in modo concreto e adeguato in strutture che diano ai giovani l’opportunità e la giusta mentalità per introdurli in contesti sempre più prestigiosi.
Eravamo dei grandissimi produttori di calciatori fino a poco tempo fa, ed è paradossale pensare che improvvisamente non riusciamo più a scovare giovani che possano replicare le gesta di campioni come i vari Del Piero e Totti. Un’altra domanda da porsi è perché nei nostri campionati i calciatori italiani vengono costantemente sottovalutati rispetto a quelli stranieri? Incredibilmente ci siamo dimenticati di come si gioca a calcio? Un po’ difficile da credere.
Tutti quesiti e dubbi sorti a causa di un sistema vetusto. L’ennesima conferma di quanto esso sia retrogrado, è il tardivo passaggio al professionismo del calcio femminile, arrivato solo di recente. È importante introdurre delle nuove idee che mettano fine ad una politica vecchia, solo in questo modo potremo tornare ad essere competitivi.