«La sensibilità e la solidarietà sono sulla bocca di tutti ma nel cuore di pochi» recita il presidente Antonio D’Antonio del Rotary Club, nel suo discorso di apertura all’evento “Feeling Safe” tenutosi ieri al Palazzetto dello Sport di Ottaviano.
L’evento a scopo benefico, organizzato dall’associazione giovanile Rotaract Club ottavianese, con il sostegno e l’appoggio del presidente onorario Gis Pallavolo e tutto il direttivo comunale, ha devoluto poi tutto il ricavato raccolto all’Associazione UILDM Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare. «Tutto ciò che facciamo, noi come associazione e voi come cittadini, muove qualcosa. Insieme a piccoli passi, con la giusta sensibilità e sensibilizzazione, sono sicura cambieremo molte cose» queste le parole di Consuelo Carbone, vicepresidente del Rotaract Club di Ottaviano ed organizzatrice dell’evento.
Con la sua tenacia e la sua dedizione ha elegantemente coinvolto i presenti e mosso figure professionali di spicco. Consapevolezza, sensibilizzazione e formazione: i tre pilastri portanti degli interventi tenuti, rispettivamente, dal sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza assegnato alle fasce deboli Sarah Masecchia, dalla psicologa e psicoterapeuta Anna Auricchio e dall’istruttore di difesa personale dell’“A.S.D. Dancing & Fight” Giuseppe Varchetta. «In Italia, i dati Istat registrano una percentuale del 31% di donne che subiscono violenza di genere. Notevolmente più bassa è, invece, la percentuale di donne che denunciano gli atti di violenza subiti. A volte è il timore, a volte l’affetto che lega aggressore e vittima, a volte la solitudine in cui si rifugiano a fermare il loro grido d’aiuto. Io e le figure ministeriali che mi accompagnano in questo viaggio, siamo spettatori di una realtà ben più cruda di quella raccontata al telegiornale» così il sostituto procuratore invita i molti giovani presenti alla consapevolezza sul tema.
«In Italia, la scena penalistica, cambia radicalmente solo nel 2019 con l’adizione della legge Codice Rosso: legge ordinaria a tutela delle donne e dei soggetti deboli che subiscono violenze per atti persecutori e maltrattamenti. Prima eravamo, purtroppo, impreparati a gestire casistiche simili. C’erano precedenti penali a favore della violenza di genere ma non era abbastanza».
La mancanza di un adeguato assistenzialismo da parte della società è, ancora oggi, complice del silenzio. «Ci sono casi come quello di Tiziana Cantone, che ogni giorno ci ricordano della brutalità di cui è capace l’amore e casi come quello di Jessica Notaro che ci ricordano del coraggio e della forza di cui è capace l’amor proprio».
Il rimando ai giovani e ai nuovi mezzi di comunicazione è continuo e preoccupante «in una realtà in cui è ancora più facile la diffusione dei contenuti sensibili – è il caso del revenge porn – non si arresta facilmente la gogna mediatica cui sono sottoposte le vittime. Se prima la diffusione di immagini o video era controllata e poteva essere fermata, oggi è inarrestabile con qualsiasi mezzo. Questo spaventa e ci rende, purtroppo, impotenti nonostante le leggi ed i Tribunali dia-no oggi il massimo sostegno ».
Il suo è un invito alla prudenza «essere consapevoli dei pericoli ci rende responsabili e misurati nelle azioni». La violenza psicologica, verbale, il drastico cambiamento delle abitudini di vita delle vittime sono – secondo la psicologa e psicoterapeuta Anna Auricchio – sottovalutate. «Quando si parla di violenza sulle donne si pensa, erroneamente, solo a quella fisica, sessuale, lo stalking ed il femminicidio dimenticando che molte volte, la violenza, non lascia segni evidenti sul corpo delle vittime. L’azione subdola degli aggressori è principalmente ed inizialmente psicologica: una donna arriva a convincersi di non essere più nulla, di non essere abbastanza o all’altezza per qualsiasi cosa. La vittima si sente e si vede sminuita: questa manipolazione – perché è di questo che parliamo – alimenta l’inerzia allo stato di fermo e silenzio durante gli episodi di violenza fisica».
Imparare a riconoscere i campanelli d’allarme e saper distinguere l’amore sano da quello malato è il motore alla sensibilizzazione di cui è promotrice la dottoressa. Sapersi difendere dalle parole ma soprattutto dai gesti è ciò che ha voluto l’istruttore Giuseppe Varchetta. Con i suoi allievi ha dato dimostrazione pratica delle principali azioni di autodifesa analizzando i casi più comuni di aggressione fisica: si parte da un caso oneto-one, fino ad arrivare un gruppo di aggressori contro una sola vittima. «Colpite, ricordate i punti deboli e correte a cercare aiuto: potete difendervi da sole, siate decise» così invita alcune delle presenti a provare: «Non bisogna cedere alla paura, imparare a salvarsi è importante quanto denunciare. La morte di una donna per mano di un uomo è un crimine contro l’umanità perché quella donna era prima di tutto un essere umano che aveva aperto il suo cuore, la sua anima e si era fidata dell’uomo tanto da lasciarsi uccidere».