Napoli. Prolungata fino alla fine del mese di gennaio, la mostra immersiva di Van Gogh prende ispirazione dalle più celebri e vaste tenutesi a Parigi ed Amsterdam, conquista anche Napoli. Folle com’è l’arte del pittore stesso, viene allestita in una piccola chiesa sconsacrata del centro storico di Napoli – chiesa San Potito – tale è l’esperienza unica che regala l’evento.
La mostra accompagna il visitatore in un viaggio nella vita del pittore. Si apre con una timeline che scagliona la vita privata dell’artista dando il doveroso spazio alle sue opere, tutte proiettate su pannelli a sfondo nero che annullano il contesto circostante e permettendo, così, ai visitatori di immergersi completamente nell’esperienza. Inusuale certo e per niente banale è il nuovo modo di vivere e godere dell’arte.
Il tutto è accompagnato da un sottofondo musicale che dona a tutto l’ambiente quel sapore un po’ malinconico tipico del pittore olandese. Con un’infanzia già tormentata, in piena adolescenza l’artista sviluppa un carattere molto particolare che evidenzia da subito la sua personalità mutevole ed instabile che egli stesso ha poi definito come una «giovinezza triste, fredda e sterile».
Che si tratti dei Girasoli o della Notte Stellata, i suoi dipinti e disegni non solo hanno definito il post-impressionismo, ma sono tutt’oggi così popolari da essere riconoscibili a chiunque tra le più disparate interpretazioni proposte da altri artisti.
Ad oggi le opere dell’arista vengono battute all’asta per diversi milioni di euro e questo, se si pensa alla vita che egli stesso ha condotto tra miseria e povertà estrema, è surreale: la notorietà e l’inestimabile valore economico delle sue opere è stata raggiunta, infatti, postuma la sua morte com’è – purtroppo – solito tra i molti artisti di fama mondiale del suo stesso calibro. Furono proprio le preoccupazioni finanziarie che, unitesi ai già palesati problemi psicologici, a portare l’artista all’estremo nel 1890.
Dieci sono stati gli anni di piena e fervida attività creativa del pittore: scopre la passione per la pittura a 27 anni ed in questo lasso di tempo riesce a produrre ben 900 dipinti completi ed un totale di 1100 opere su carta, in media l’artista produceva in completo un’opera ogni 36 ore. Tra tutte queste opere, i suoi 10 dipinti più famosi: Notte Stellata, Girasoli, Campo di grano con corvi, I mangiatori di patate, Terrazza del caffè di notte, Notte Stellata sul Rodano, Camera da letto ad Arles (in tre versioni differenti), Mandorlo in fiore, Autoritratto con orecchio bendato ed Iris. Notte Stellata, il più celebre, è stato prodotto durante il periodo di degenza, avvenuto l’anno prima del suicidio, che ha trascorso in ospedale, causa il suo stato di salute fisico e mentale molto critico.
Il dipinto a olio mostra l’artista mentre guarda dalla finestra le strade di Saint-Rémy. La maggior parte del dipinto è occupata dal cielo notturno blu scuro, illuminato da stelle luminose, alcune delle quali insolitamente grandi, e dalla luna. In primo piano, com’è usuale nel paesaggio della Francia meridionale, un cipresso verde scuro. Il villaggio sullo sfondo, invece, ricorda a molti spettatori i Paesi Bassi e la patria di van Gogh. Dal 1941 il quadro è stato esposto al MoMa (Museum of Modern Art) di New York.
«Ho messo il mio cuore e la mia anima nel lavoro e ho perso la testa nel processo» è una delle tante citazioni di Van Gogh stesso che si ripetono scritte o proiettate all’interno della mostra. È chiara la concezione che egli stesso aveva della sua malattia: segnato e forse rassegnato a quello che era uno stato mentale folle ed irrecuperabile, trova l’amore nelle sue opere, nel suo modo di vedere la vita. Lo stesso modo che per 35 minuti regala a noi la mostra. Le navate della piccola chiesa sono state così trasformate e annullate: il soffitto coperto di nero, le parole rivestite di teli bianchi, luci basse e proiettori in ogni angolo. I visitatori, scaglionati di proposito, hanno la possibilità di sedersi ed entrare letteralmente nei quadri di Van Gogh. Animazioni, giochi di luce e colori, pennellate che si trasformano e mutano passando da un’opera all’altra, questo è lo spettacolo unico che riserva l’evento. È letteralmente un viaggio nella sua anima: dal primo all’ultimo quadro dipinto. Si conclude, infatti, con Notte Stellata la proiezione lasciando tutti stupiti. Le pennellate sinuose e imprecise rendono l’idea di movimento già su tela e vengono qui animate: per qualche minuto ci sono solo le stelle di Saint-Rémy-de-Provence, in quelle poche ore che separano la notte dalle prime luci dell’alba.
«Non so nulla con certezza, ma vedere le stelle mi fa sognare» le parole dell’artista dallo scambio epistolare col fratello Theodorus cui era molto legato, definito dai più un rapporto morboso, lo testimoniano le 652 lettere rinvenute in cui Vincent si racconta e racconta anche la storia dei suoi quadri. E ancora oggi, fa sognare anche noi riguardando le stesse stelle e guardando alla sua vita, racchiusa proprio tra le sue opere, così come faceva lui: amando molte cose.