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Dalma Maradona: «Vi racconto chi era mio papà Diego»
SPORT
23 marzo 2024
Dalma Maradona: «Vi racconto chi era mio papà Diego»
metropolisweb

“La storia di papà è stata raccontata mille volte, da chi l’ha amato e da chi no. Io volevo raccontare per la prima volta della persona e del padre che era. Dei momenti felici e di quelli non troppo felici. Ho milioni di episodi e aneddoti che ti stringono il cuore. L’ho criticato tanto, sempre parlandogli in faccia. Ma più passa il tempo e più ho voglia di difenderlo. Ora tocca a me parlare”. È così che Dalma Maradona, primogenita de El pibe de oro, inizia il racconto su suo padre: Diego Armando, l’eterno numero 10, il re di Napoli e dell’Argentina, forse il più grande campione di calcio al mondo, morto a Buenos Aires, in circostanze ancora da chiarire, il 25 novembre del 2020, a soli 60 anni. Una vita di grandi salite e vertiginose cadute, oggi ripercorsa in Dalma Maradona – La figlia di Dio, documentario biografico in tre parti diretto da Lorena Muño (che gioca nel titolo con la “Mano de Dios” con cui il campione segnò ai quarti di finale del Mondiale 1986 contro l’Inghilterra), disponibile in streaming sulla piattaforma di Warner Bros. Discovery da domenica 24 marzo, proprio il giorno dell’anniversario dell’ultima partita giocata con la maglia biancoceleste del Napoli. Un viaggio a ritroso nel tempo, tra filmati, incontri e aneddoti (molti privati e sconosciuti), in cui la storia della leggenda del calcio mondiale è raccontata dalla prospettiva inedita ed esclusiva della figlia Dalma che al padre aveva già dedicato uno spettacolo teatrale, ma anche di persone che hanno ricoperto ruoli chiave nella vita del campione. “Io ho avuto la versione più bella di mio padre. A me non deve raccontarlo nessuno – dice Dalma – Per me era mio padre, uno che giocava benino a calcio”, sorride, mettendo ordine tra gli eventi a cavallo tra Argentina e Italia: l’infanzia a Villa Fiorito, i primi calcio al pallone, l’incontro con la moglie Claudia, l’exploit in Italia (Dalma rientra anche nella loro casa a Napoli), i Mondiali, fino a raggiungere lo status di leggenda. Ma anche i momenti terribili del tunnel della droga e della squalifica, l’incubo di non farcela a uscirne. Un Maradona che è soprattutto padre e compagno nel suo lato più umano e “terreno”, quando la sera le cantava il tango perché non conosceva le favole della buonanotte. Che giocava con le margherite raccolte dalla figlia nei calzini. Che non si tirava mai indietro davanti a una richiesta di aiuto o al delirio dei tifosi. E che con tutto se stesso e infinita fatica ha cercato di rimettersi in piedi per tornare “pulito” e di nuovo vincente in campo. Tra i tanti intervistati, familiari, tecnici, giornalisti e compagni di squadra tra cui il fratello Lalo Maradona, il primo procuratore Guillermo Coppola e poi Sergio Goycochea, Carlos Tévez, Jorge Burruchaga, Fernando Signorini, Federico Buffa e i giocatori del Napoli del tempo. “La parte migliore di essere la figlia di mio padre? Quando le persone mi fermano per strada per raccontarmi quello che hanno vissuto con lui – risponde Dalma – La parte peggiore, il fatto che lui ha dato così tanto accesso alla sua vita, che tutti possono dare la loro opinione e invadere la tua privacy”. Poi lo shock di quel 25 novembre, che ammutolì il mondo intero. Il processo sulla morte di Diego Armando Maradona comincerà il prossimo 4 giugno a San Isidro, in Argentina, con otto imputati per reati legati alle cure mediche. Dalma non si pronuncia sulla fine di suo padre, ma ricorda di aver visto il suo sguardo spegnersi giorno dopo giorno. “Per me non sarebbe dovuto accadere – riflette – Mi dicono che non se ne è andato per davvero e un po’ lo credo anche io. Questo documentario è un regalo per lui e anche per me, perché è un regalo aver fatto parte della sua vita”.

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