L’Anci e i fondi Pnrr: «Enti locali virtuosi, abbiamo investito il 44,8% dei fondi»
“La storia del Pnrr è una storia di successo ed è l’unico caso in cui viene citata la performance dei comuni italiani, Noi il nostro lavoro lo abbiamo fatto”. Così Antonio Decaro, presidente Anci nazionale e sindaco di Bari, in video collegamento con le giornate di ‘Merita’ a Napoli. “La commissione europea anche sulle politiche dei fondi di coesione vorrebbe trasferire il modello Pnrr e noi siamo d’accordo – ha aggiunto – del resto al livello territoriale del comune si può vedere l’interazione tra Pnrr e fondi di coesione. Noi il nostro lavoro come comuni lo abbiamo fatto ma bisogna lavorare in squadra”, ha aggiunto. “Siamo tutti impegnati per chiudere finalmente quel divario insopportabile che dopo tanti decenni divide ancora il Paese. Finchè non colmeremo questo gap, non avremo un Paese nel quale i diritti sono uguali dappertutto, come prevede la Costituzione” le parole del presidente nazionale dell’Anci. “Abbiamo un’occasione straordinaria – rimarca Decaro – che è quella di tenere insieme queste risorse importanti che arrivano dall’Europa, che sentiamo anche un pò più vicina con il Pnrr”. I sindaci “hanno fatto la propria parte – rivendica il presidente dell’Anci – I comuni hanno investito il 44,8%, quindi piu’ della percentuale del 40%, prevista per la suddivisione territoriale. La storia dei Comuni all’interno del Pnrr è una storia di successo. Non lo dico io, ma il rapporto ufficiale annuale dell’Ue sullo stato delle Regioni e delle città, che cita per la prima volta anche le performance dei Comuni”. Allargando l’orizzonte, Decaro fa notare che davanti ci sono traguardi importanti: “Quelli del Pnrr, i Fesr, il Metro Plus, la strategia nazionale per le aree interne, il Fondo sviluppo e coesione. Noi abbiamo fatto la nostra parte come Comuni – conclude – ma da soli nessuno riesce a raggiungere gli obiettivi. Bisogna lavorare di squadra”.
I timori del Pd. “Se diciamo che il Pnrr è stata una grande occasione, sarà una occasione irripetibile, bisognerebbe che qualcuno cominciasse a rendicontare quei fondi chi li sta spendendo e come. Io ad esempio credo che a breve bisognerebbe che il governo, e faccio un appello, convochi tutte le regioni a fare un punto su Pnrr, incrocio coi fondi settennali, coi fondi Sviluppo e Coesione”. Lo ha detto in collegamento video il presidente della Regione Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini, all’evento Agenda 2030 – Dove l’Europa incontra il Mediterraneo – in corso a Napoli, a proposito del Pnrr. “C’è un imbuto che per me in realtà è una grande occasione anche temporale: il Pnrr prevede la rendicontazione entro il 2026, e manca poco, quello che dico al governo come critica: avete perso troppo tempo per fare quelle riforme che vengono descritte, sulle quali non ho neanche motivo di mettermi a polemizzare, ma i fondi di Coesione, parlo per la mia regione, sono arrivati con un anno e mezzo di ritardo. E fanno parte di una dotazione ma si inseriscono persino nella programmazione settennale dei fondi europei”.
Le accuse di Svimez. Al Pnrr manca “da sempre, un chiaro impianto strategico, la strategia di fondo essendo l’ansia di una ‘modernizzazione manutentiva’ scandita dagli adempimenti posti dalla ‘doppia Transizione’ al 2030 e 2050. Quando il governo presenterà il Piano per il Sud, sarebbe quindi di grande rilievo se (a valle del meritorio sforzo di ‘realismo’ su Pnrr e governance delle risorse delle politiche della coesione) emergessero chiari e impegnativi obiettivi e ‘nuovi’ strumenti di una ‘strategia possibile’ che faccia leva e interpreti le nostre grandi opportunità offerte proprio dalla ‘doppia transizione’”. Lo sostiene il presidente Svimez Adriano Giannola nel corso dell’incontro all’Unione Industriali di Napoli con il ministro Fitto. “Siamo molto d’accordo a concentrare gli incentivi su alcune filiere strategiche insediate nel Mezzogiorno -prosegue Giannola- che rappresentano un tratto fondamentale di politica industriale attiva; non risulta invece chiaro quale sia la novità della Zes Unica (Zus)” le parole di Giannola. “Nel bene e nel male delle politiche adottate, il Mezzogiorno è sempre stato una Zona Unica Speciale. Riesce difficile vedere la Zus volano dello sviluppo meridionale. La versione ora proposta, di fatto pare depotenziare la specificità di otto ‘novità territoriali’: le Zes portuali. Il tema delle otto Zes va attentamente riconsiderato come un detonatore importante per lo sviluppo, guardando alle esperienze dove funzionano, concentrate nelle aree portuali e retroportuali, attrezzate e -aggiunge il presidente Svimez- fortemente favorite da esclusivi privilegi doganali nelle Aree Doganali Intercluse delle competenti Autorità Portuali. Del ruolo di tutto ciò, che in linea di principio è ancora un terreno praticabile, non c’è accenno neanche incidentale: una carenza strategica da chiarire”. Tornando alla ‘novità Zus’, Giannola esprime perplessità sull’estensione della decontribuzione e del credito d’imposta a tutti gli investimenti al Sud oltre i 200mila euro. “È realistico qui vedere la riproposizione -depotenziata- di una esperienza passata protrattasi per quasi venti anni, quando la decontribuzione era al 100% e erano ben presenti incentivi fiscali e creditizi”. Allora -senza strategia- i risultati “furono a dir poco deludenti e quell’esperienza si concluse nel 1994 con l’accordo Pagliarini-Van Miert. La riedizione oggi propone un indifferenziato modello di gestione con una Cabina di Regia al ministero, concentrando a Roma tutte le decisioni e puntando (in aggiunta a decontribuzione e credito d’imposta) su semplificazione, coordinamento e tempestività”. In linea di principio -conclude quindi Giannola- “ingredienti certo potenzialmente positivi, a condizione che la ‘natura ministeriale’ della cabina di regia superi la difficile prova della distanza e del rischio burocratico e -più grave- eviti il rischio di realizzare un polo (ovviamente indispensabile) di ricezione, elaborazione e reazione più che di regia attiva”.

