Venti. Venti sorrisi svaniti. Venti donne, madri, sorelle. Sono venti le vite spezzate dalla ferocia di quegli uomini che, nascondendosi dietro un assurdo concetto d’amore, preferiscono il linguaggio della violenza a quello dei sentimenti. “Gelosia, vendetta, rivalsa e possesso: questi solo alcuni dei moventi sui quali si costituiscono drammi, tragedie senza tempo”, così la dottoressa Antonella Esposito, psicologa esperta in casi di femminicidio e violenza sulle donne. Giulia aveva 29 anni. Stava per diventare madre, solo tre mesi la separavano dalla nascita del suo piccolo Thiago. Un evento mai celebrato. “Mi sono piazzato immobile alle sue spalle. La colpii, all’altezza del collo”: queste le fredde parole che hanno contraddistinto l’interrogatorio di Impagnatiello tenuto ieri davanti alla Corte d’Assise di Milano. Cinque lunghe ore in cui, il responsabile dell’omicidio Tramontano ha descritto gli attimi precedenti alla morte della compagna. Il desiderio di vendetta ha persuaso l’imputato che, con 37 coltellate, ha spento, per sempre, gli azzurri occhi di Giulia e la vita, non ancora vissuta, del piccolo Thiago. “Un anno è passato e forse ben poco, addirittura nulla, è cambiato”, continua la dottoressa Esposito. I femminicidi si susseguono e sembra che nulla riesca a fermare il fenomeno. Come agire? Quale metodo utilizzare per combattere la violenza? Costantemente queste domande risuonano nelle nostre menti. “Rafforzare le capacità di intervento delle forze dell’ordine, inasprire le pene, supportare di più vittime di violenza”, afferma la psicologa. Squilibri di potere e sovrastrutture patriarcali fanno da trama per quelle storie dall’analogo epilogo. Uccise tra le mura di casa, uccise davanti agli innocenti occhi dei bambini, uccise solo perché donne ed allora, inferiori. Siamo donne ed allora non aventi diritti, siamo donne ed allora destinate a non dar valore ai nostri sentimenti, alle nostre idee, ai nostri obiettivi. Siamo donne ed allora, gli uomini, vorrebbero, perseguendo un’idea tossica d’amore e mascolinità, che tutto questo fosse vero. “Ero totalmente invisibile ai suoi occhi. Mi ignorava”: Alessandro racconta così Giulia prima di morire. La donna aveva scoperto il tradimento da parte del compagno e, ferita, decide di volersi allontanare da Senago, città in cui viveva la coppia. Avrebbe raggiunto la sua famiglia a Napoli ed Alessandro sarebbe sparito dalla sua vita e da quella del piccolo Thiago. Impagnatiello non poteva accettare la decisione di Giulia, non le avrebbe mai permesso di scegliere per se stessa e per suo figlio e così, la violenza è stata messa in atto. Un gesto brutale, quel gesto compiuto perché spaventato dal fatto che la scoperta della relazione “parallela” potesse “far crollare la sua immagine”. Sará dunque più importante rispettare rigorosamente la figura di uomo, quell’uomo che può tutto. Dall’ambiente di lavoro, ai contesti sociali fino alle mura domestiche, l’uomo dovrà in ogni modo portare in alto il suo potere rispetto alla donna, quel potere che talvolta termina in un’esternazione fisica di un processo mentale malato. “Non mostri, non orchi, non lupi cattivi ma uomini che scelgono di utilizzare la violenza”, conclude la dottoressa Esposito. Che siano leggi, interventi formativi ed informativi ed educazione ai legami, ad oggi, nonostante i continui cambiamenti in atto, la società sembra non aver ancora trovato la chiave giusta per entrare in quel sistema volto alla battaglia contro la violenza. “La persona che ero in quel periodo non corrisponde a ciò che sono oggi”, così Alessandro Impagnatiello prova, vanamente, a “ripulire” la sua immagine da assassino. Il carcere non cancellerà quanto accaduto e mai gli anni cancelleranno dalla memoria Giulia ed il piccolo Thiago. Una storia tragica che lascia ancora dolore.
CRONACA
29 maggio 2024
Piaga femminicidi, la psicologa: «Inasprire subito le norme»