Aveva tra i 35 e i 45 anni la donna i cui resti sono stati ritrovati nel cantiere di scavo e messa in sicurezza dell’Insula 10 della Regio IX a Pompei. Era distesa sul letto e quando il tetto ha ceduto è scivolata sul pavimento dove ha vissuto l’agonia della fine a pochi passi dall’altra persona, forse suo figlio, che di anni ne aveva tra i 15 e 20 anni. A differenza dello sfarzo dell’area circostante, il cubicolo dove sono stati ritrovati gli scheletri è una modesta camera senza decorazioni i cui mobili, le cui forme e dimensioni sono rimaste fedelmente impresse nello strato cineritico, sono stati materializzati grazie alla tecnica dei calchi. La donna aveva tentato di salvare un gruzzolo di preziosi adagiati all’altezza del bacino e ritrovati quando è stato rimosso lo scheletro. Monili e monete, un sacchetto con le monete di minor valore e un cofanetto in legno e bronzo con le monete preziose, gli orecchini in oro e perle, la lunula in argento e alcune corniole incise. Il tesoro della donna è stato ripulito in laboratorio con tecniche diverse a seconda dei materiali ed è stato studiato per una lettura numismatica in grado di attribuirne il valore.I tre gruzzoli di monete ritrovati accanto allo scheletro della donna sono composti da 34 esemplari distribuiti tra l’età romana repubblicana e la prima età imperiale.Nel cofanetto, rinvenuto presso il lato posteriore del bacino, erano custoditi sei denari aurei, uno emesso da Tiberio nel 14-37 d.C., un altro emesso da Vitellio nel 69 d.C., quattro da Vespasiano (dei quali tre a nome di Tito Cesare e uno a nome di Domiziano Cesare), risalenti agli anni compresi tra il 75 ed il 78 d.C. In prossimità dello scrigno, c’erano altre due monete in metallo vile, un asse in rame e un sesterzio in oricalco, entrambi emessi dal primo degli imperatori della gens Flavia negli anni 74-75 d.C. Questi due esemplari, considerata la loro natura di valuta spicciola, dovevano trovarsi all’esterno del cofanetto, unitamente ad una chiave in ferro tenacemente saldata al sesterzio a causa dei prodotti di corrosione dei metalli.Il secondo nucleo di monete, rinvenuto all’altezza del femore sinistro, è composto da 21 denari in argento. Ci sono 12 pezzi di età repubblicana, databili tra la fine del III secolo a.C. ed il 46 a.C., tre esemplari di Vespasiano, dei quali uno coniato a nome di Tito Cesare, e soprattutto un raro esemplare di Giulio Cesare, coniato nel 46-45 a.C. in Spagna durante le guerre civili da una zecca al suo seguito per rendere omaggio alle vittoriose campagne di Cesare contro le tribù della Gallia. La moneta reca la raffigurazione di Venere al dritto, mentre al rovescio ci sono armi galliche assemblate in forma di trofeo con due prigionieri alla base, un uomo barbato in ginocchio e una donna seduta. Ci sono poi 5 denari legionari di Marco Antonio, molto comuni a Pompei, battuti da una zecca militare negli anni 32-31 a.C. e chiamati così per la presenza di una nave da guerra al dritto e delle insegne militari sul rovescio (un’aquila legionaria tra due stendardi) con l’indicazione della legione nella leggenda.Il terzo gruzzolo di monete, posizionato nella parte frontale del corpo della vittima, in prossimità dell’addome, contiene la somma più piccola: 2 denari in argento, fra cui uno serrato, entrambi databili nel corso del I secolo a.C.; un dupondio in oricalco di Nerone emesso negli anni 62-68 a.C. e due sesterzi in oricalco coniati da Galba tra il 68 ed il 69 d.C.L’ammontare totale delle monete, arrotondato per eccesso, corrisponde a una somma pari a circa 696 sesterzi (il sesterzio è l’unità di conto in età imperiale) ed è in linea con il valore della maggior parte dei gruzzoli restituiti dall’ultima fase di vita della città. Come è stato messo in evidenza dagli studi effettuati sui rinvenimenti monetali a Pompei, solo poco meno del 10% degli ammassi di moneta supera il valore complessivo 1000 sesterzi. Si tratta comunque di un valore tutto sommato modesto per l’epoca, considerando che una famiglia di tre persone spendeva circa 2.160 sesterzi per la spesa alimentare di un anno, che due boccali di buon vino alla taverna Edoné costavano un solo sesterzo e che un amore fugace con la raffinata Attica, come racconta il graffito rinvenuto a Porta Marina, costava più o meno quattro sesterzi.Insomma, quello che oggi è un tesoro di inestimabile valore, all’epoca era il risparmio medio di una famiglia. Un modesto quantitativo di moneta in valuta pregiata come i tanti che che sono stati ritrovati a Pompei che danno anche la cifra delle condizioni socio-economiche dell’aristocrazia municipale, formata prevalentemente da proprietari terrieri e commercianti, a parte poche eccezioni, di livello medio. Una realtà ben diversa da quella molto più blasonata emersa invece nelle ville periferiche di Oplonti e di Stabia.In quanto agli orecchini, sono costituiti da una piccola barra orizzontale liscia alle cui estremità sono saldati due anellini che reggono i due fili pendenti nei quali, per ognuno, è inserita una perlina forata. Plinio il Vecchio chiama questi monili crotalia, per il rumore fatto dalle perle che si urtavano. Si tratta del secondo tipo di orecchino in oro più attestato in area vesuviana, a partire dal I secolo d.C. La lunula, ovvero il ciondolo a forma di crescente lunare, è inveve realizzata a tre facce piatte con due terminazioni sferiche, l’anello di sospensione è decorato con scanalature longitudinali. Nel mondo romano è la forma di pendaglio più diffusa nella sfera femminile e infantile, ricorrente anche nell’oreficeria di epoca imperiale; un amuleto per la protezione della fanciullezza e la salvaguardia della vita materna.Delle quattro gemme in calcedonio-corniola tre recano decorazione incisa mentre la quarta, di taglio ovale, è liscia. La prima, reca una scena teatrale con due personaggi mascherati che portano un drappo intorno alla vita. A sinistra è un uomo barbuto che suona un flauto. a destra è un altro soggetto che danza. La seconda gemma, di taglio ovale, reca la figura di Hermes-Mercurio nudo. La terza gemma, anch’essa di taglio ovale, ha un emblema allegorico con due mani che si giungono ‘in fede’ con dietro due spighe e, centralmente, un caduceo.Il tesoro rimasto per due millenni accanto a uno scheletro nella Regio IXLa vittima stringeva a sé due sacchetti e un cofanetto di legno e bronzo Aveva gli orecchini in oro e perla e quattro gemme decorateIl tesoro ritrovato
CRONACA
14 agosto 2024
Ecco le 34 monete riemerse a Pompei, i risparmi della donna valevano 696 sesterzi