Misure alternative al carcere, tra cui i domiciliari o l’affidamento in prova, per quei detenuti condannati per reati non ostativi, i quali devono scontare pene residue entro un anno. È questa una delle ipotesi – a quanto si apprende da fonti vicine al dossier carceri – prese in considerazione dal ministero della Giustizia. La proposta, emersa già lo scorso 7 agosto in occasione dell’incontro del ministro con il Garante dei detenuti e gli stessi garanti regionali, punterebbe al contrasto del fenomeno del sovraffollamento carcerario, con un abbassamento di migliaia posti nelle carceri italiane. Attualmente la detenzione domiciliare per i soggetti con pene non superiori a diciotto mesi – con la possibilità di scontare la pena presso la propria abitazione o un altro luogo, pubblico o privato – è prevista dalla legge 199 del 2010 (stabilizzata dal dl 23 dicembre 2013 n.146), ma può essere concessa esclusivamente dal tribunale di sorveglianza.
I suicidi. Sono 63 i suicidi di detenuti avvenuti in carcere dall’inizio dell’anno. Il dato, diffuso dal Garante dei detenuti, è aggiornato al 16 agosto: rispetto allo stesso periodo del 2023 sono 19 in più e 11 in più rispetto 2022. L’età media è di circa 40 anni. Delle persone morte per suicidio, 61 erano uomini e 2 donne. Riguardo alla nazionalità, 33 erano italiani (pari al 52%) e 30 stranieri (pari al 48%), provenienti da 15. Le fasce d’età più presenti sono quelle tra i 26 e i 39 anni (30 persone) e tra i 40 e i 55 anni (16 persone); le restanti si distribuiscono nelle classi 18 – 25 anni (7 persone), 56-69 anni (9 persone) e ultrasettantenni (1 persone). Per quanto riguarda la posizione giuridica, 24 persone (38,1 %) erano in attesa di primo giudizio, 26 erano state giudicate in via definitiva e condannate (41,3%), mentre 8 avevano una posizione cosiddetta “mista con definitivo”, cioè avevano almeno una condanna definitiva e altri procedimenti penali in corso.
Il garante campano. “Il decreto carceri è una scatola vuota e vedo troppa propaganda, troppi slogan, mentre il conto dei suicidi in carcere continua a salire, ieri il 66esimo, con 1271 tentativi di suicidio e 15 morti per cause ancora da accertare. Servono provvedimenti oggi”. Così il portavoce della Conferenza dei garanti territoriali dei detenuti, Samuele Ciambriello. ”Tra l’altro, aggiunge, in Italia ci sono quasi 8 mila detenuti che devono scontare meno di un anno di carcere e al ministro, nell’incontro del 7 agosto scorso, abbiamo chiesto cosa voglia fare per queste persone – prosegue – Il ministro ci ha dato appuntamento ai primi di settembre, perché, ha detto che sono allo studio del ministero provvedimenti ulteriori rispetto al decreto carceri. Per dare un appuntamento a un mese di distanza, io credo stia provando a mettere in campo qualcosa in più sul rischio suicidiario rispetto al decreto appena convertito in legge”. “Chiediamo anche al Csm un nuovo concorso per i magistrati di sorveglianza, come riconoscimento del deficit che esiste. È chiaro che le misure alternative, la liberazione anticipata, sono aspetti importanti, ma se non hai i magistrati nulla cambia”. “L’Organismo Congressuale Forense (OCF) esprime forte contrarieta’ rispetto alle recenti dichiarazioni che, secondo quanto riportato dalla stampa, il sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, avrebbe pronunciato al termine delle sue visite nelle carceri di Brindisi e Taranto. La decisione del Sottosegretario di rivolgersi esclusivamente al personale penitenziario, escludendo deliberatamente qualsiasi dialogo con i reclusi (“la Mecca dei detenuti”), non e’ in linea con il ruolo istituzionale e anzi puo’ apparire come un tentativo di creare un’inaccettabile frattura ideologica all’interno dell’ordinamento”. E’ quanto si legge in una nota. “Tali dichiarazioni – prosegue il comunicato – contraddicono apertamente i principi costituzionali di umanità e dignità che devono guidare il trattamento dei detenuti, come sancito dall’articolo 27 della Costituzione e come costantemente sostenuto dall’Avvocatura. Siano esse in attesa di giudizio o condannati, sono persone private della libertà, non della loro umanita’: la scelta del Sottosegretario di evitare il confronto e di utilizzare tali espressioni ha l’unico effetto di banalizzarne e disprezzarne le condizioni” spiegano gli avvocati. “La nostra Costituzione è chiara: ogni persona, indipendentemente dalle sue colpe, ha diritto a un trattamento dignitoso e umano, ed è responsabilità delle istituzioni, e quindi del Ministero della Giustizia, assicurare che ciò avvenga. Per questo, l’Avvocatura ribadisce il proprio impegno nella difesa dello Stato di diritto”.