“Dove la parola manca, là comincia la musica.” Con queste parole, prese in prestito dal filosofo francese Vladimir Jankélévitch, don Aniello Pignataro, parroco della Parrocchia San Giovanni Battista di Gragnano, ha introdotto “Note di bellezza per raccontare un prodigio” lo scorso 21 dicembre. Un’occasione speciale, ideata e diretta da Mauro Maurizio Palumbo, per celebrare un mistero che, attraverso la sua bellezza e sacralità, sfida ogni linguaggio umano. Un prodigio che, come ha voluto suggerire don Aniello, può essere narrato solo con l’intensità che la musica e l’arte sanno evocare, quando la parola sembra non bastare, soprattutto di fronte all’infinito mistero di Dio che si fa uomo. Le parole cercano di descrivere l’indescrivibile, ma si rivelano insufficienti di fronte a una realtà così grande e straordinaria. La musica, la danza, la recitazione, invece, hanno la capacità di andare oltre i confini delle parole di evocare un’esperienza che – sottolinea il parroco – affonda direttamente nel cuore e nell’anima. Esse non hanno bisogno di spiegazioni; la loro bellezza parla direttamente all’inconscio, dove la parola non può arrivare. E nel caso del Natale, la musica diventa il linguaggio perfetto per raccontare il prodigio del Dio che nasce come bambino. Da Lascia ch’io pianga dal Rinaldo di Haendel all’Ave Maria di Bach-Gounod, dall’intramontabile Tu scendi dalle stelle fino alle splendide note di Quanno nascette Ninno, il pubblico è rimasto incantato da un perfetto amalgama di talenti, dove la bravura degli artisti ha brillato in ogni nota. E così le eleganti melodie del soprano Ilaria Tucci e del sopranista Kevin Catone, accompagnati dal pianista Giovanni Russo, hanno risuonato nella splendida cornice della parrocchia gragnanese, avvolgendo gli ascoltatori in una melodia sublime. A completare questo quadro sonoro, i ballerini Sabrina Santoro e Salvatore Camerlingo hanno danzato con grazia eterea, quasi sfiorando il suolo. A chiudere il cerchio è stato il filo rosso che l’attrice e drammaturga Martina Zaccaro ha tessuto con passione e maestria dando voce, in dialetto napoletano, a una narrazione che, come un respiro, sembrava prendere vita nel cuore del pubblico. I sei artisti, diretti da Palumbo, artista e docente dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, hanno dunque dato voce alla riflessione che sta alla base dell’essenza stessa del Natale, attraverso un dialogo tra arti visive e sonore. In un angolo remoto della terra, un bambino nasce, piccolo e indifeso, ma al contempo eterno e divino. Un evento che supera la comprensione umana, che merita di essere raccontato non tanto con la razionalità della parola, quanto con la profondità dell’emozione che solo le arti possono suscitare. Molto suggestiva è stata poi l’intuizione di Palumbo, che ha trasformato lo spazio sacro in un luogo di riflessione, emozione e condivisione. L’artista napoletano ha voluto cogliere questo mistero attraverso gli occhi della Vergine Maria. Maria, che nella sua maternità guarda il suo figlio divino con occhi pieni di amore e meraviglia, è il tramite ideale attraverso cui possiamo, seppur in parte, avvicinarci al mistero. È Maria, infatti, la vera spettatrice di questo prodigio, la prima a sperimentare, nel silenzio della notte di Betlemme, la magnificenza di un Dio che si fa bambino. È la sua anima pura che, con delicatezza e profondità, riesce a vedere ciò che per noi è impensabile. Un evento significativo che a pochi giorni dal Natale, ha permesso di intraprendere un vero e proprio viaggio emotivo che ci invita ad accogliere l’infinitamente grande attraverso ciò che è infinitamente piccolo.
CRONACA
24 dicembre 2024
Gragnano, dove la parola si ferma: il prodigio del Natale tra arte e sacro