Castellammare. Soffiava un vento gelido ieri mattina al suono della campanella del plesso Salvati del rione Scanzano di Castellammare. Un freddo così forte che forse non si era mai avvertito in quella strada. Il giorno dopo l’arresto della prof Veronica Sposito, accusata di aver commesso abusi ai danni di sette minori all’interno di una stanzetta della scuola, i bimbi sono tornati tra i banchi regolarmente. Un momento di silenzio assoluto, assordante, scandito solo dai passi dei piccoli che frettolosamente attraversavano il cortile dell’edificio per entrare nel plesso scolastico. All’esterno sono rimaste le mamme, i papà di alcuni dei compagni di classe delle vittime. Tra di loro c’era anche qualche parente, lo zio di uno di quei sette ragazzini che ai carabinieri hanno raccontato gli orrori: «Nessuno sa cosa stiamo provando. La notte devo mettermi mio nipote vicino. Non dorme, sta in mano ad uno psicologo, ha gli incubi». Con la rabbia negli occhi lucidi dal dolore si gira per cercare consenso. Passeggia avanti e indietro tra le varie troupe televisive che nel frattempo hanno affollato il viale. La rabbia è tanta, troppa, vuole parlare ma allo stesso tempo non vuole essere ripreso. C’è una dignità che è ferita, un dolore che è impossibile nascondere. Si fa avanti una mamma, bassina, capelli biondi, si fa coraggio e inizia a parlare: «Conosco questi bambini da quando hanno tre anni. Se fosse capitato a mio figlio mi dovevano venire a prendere solo al camposanto. Siamo qui per avere risposte, delle scuse. Siamo state etichettate come delle camorriste, nessuno ci credeva. C’era addirittura chi voleva fare una fiaccolata in favore della preside. E’ stato un mese di inferno per questi bambini ed ora? Come è stato possibile che nessuno si sia accorto di niente? Chi ci dà spiegazioni? – dice la signora – Vogliamo chiarezza, vogliamo sapere se qualcuno era a conoscenza di quei fatti e ha girato la faccia dall’altra parte, lasciando quei bambini in mano ad una persona che li ha rovinati e segnati per sempre». Il cortile della scuola era completamente vuoto. All’ingresso della scuola c’era solo un collaboratore scolastico, allarga le braccia e dice: «Qui non c’è nessuno». Tra i corridoi c’è il gelo, un’aria tesa. Soffia il vento di una situazione assurda, freddo come il brivido che ti sale dietro la schiena quando inizi a renderti conto di quello che è successo. C’è una comunità che è sotto shock perché tra i danni collaterali di questa storia c’è la reputazione persa di una scuola che da anni opera nel rione del clan D’Alessandro per strappare i ragazzi dalla strada. Un lavoro che puoi fare solo con una credibilità, che ora ha subito un duro colpo. vt @riproduzione riservata
CRONACA
16 gennaio 2025
Prof arrestata, le mamme insistono: «Vogliamo spiegazioni»