Il recente stanziamento di cinquecentomila euro nella legge di bilancio, destinato originariamente a promuovere l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, ha scatenato una vera bufera non solo dal punto di vista politica, ma anche sociale. Il governo, infatti, ha deciso di utilizzare questa somma per formare gli insegnanti su argomenti importanti come l’infertilità e la prevenzione. Una scelta che ha immediatamente sollevato critiche da più fronti, secondo molti, tradisce le reali necessità del sistema scolastico e dei ragazzi e ignora problematiche urgenti come la violenza di genere, il sessismo e la mancanza di consapevolezza in tema di relazioni e sessualità. Gli studenti hanno avuto la possibilità di esprimersi in merito alla questione, hanno raccontato di sentirsi in profondo disaccordo con le decisioni del governo e che queste avranno un certo effetto negativo su di loro. Destinare questi fondi alla fertilità rappresenta un passo indietro nel riconoscere i bisogni reali delle nuove future generazioni che richiedono un’educazione alla sessualità consapevole e rispettosa. A detta dei tanti allievi, questo potrebbe contribuire a rafforzare il pensiero patriarcale e maschilista e che non risolverebbe di certo il problema della natalità in Italia. La discussione però, non si ferma qui, la CGIL, la confederazione generale italiana del lavoro, ha definito questa scelta una “deriva integralista e reazionaria”, accusando il governo di concentrarsi ossessivamente sulla natalità e sulla presunta “ideologia gender”, a scapito di un’educazione che promuova il rispetto delle differenze. Per il sindacato, assegnare l’educazione affettiva alle famiglie senza alcun supporto scientifico equivale a rinunciare alla prevenzione di fenomeni come la violenza di genere e la discriminazione, che invece dovrebbero essere affrontati con grande urgenza. Riccardo Magi, primo firmatario dell’emendamento originale sull’educazione sessuale, ha parlato di “un’operazione sporca” e ha accusato la maggioranza di voler soddisfare una visione sessuofobica lontana dai bisogni reali degli studenti. Tra i punti più dibattuti della recente legge di bilancio, il comma 578 ha attirato particolare attenzione per il suo impatto su salute ed educazione sessuale nelle scuole. La norma, introdotta durante l’esame presso la Camera dei deputati, prevede un incremento di 500.000 euro per l’anno 2025 destinato al Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità. Tali risorse, dovrebbero sostenere l’inserimento di interventi educativi e corsi di informazione e prevenzione all’interno dei piani triennali dell’offerta formativa (PTOF) delle scuole secondarie di primo e secondo grado. L’obiettivo dichiarato è quello di promuovere tematiche legate alla salute sessuale, all’educazione sessuale e affettiva, rivolgendosi direttamente agli studenti per sensibilizzarli e fornire strumenti di consapevolezza. Tuttavia, l’applicazione pratica della norma indirizzata a formare insegnanti sull’infertilità e sulla sua prevenzione non ha mantenuto le promesse fatte. Mentre da un lato si evidenzia l’importanza di un’educazione affettiva e sessuale moderna e inclusiva, dall’altro si accusa l’esecutivo di utilizzare fondi per portare avanti una visione limitata e ideologica, che lascia in secondo piano la reale necessità di affrontare questioni cruciali come il consenso e la parità di genere. Per molti tutto questo rappresenta l’ennesimo esempio di una politica incapace di rispondere realmente ai bisogni delle nuove e future generazioni. Rossano Sasso, deputato della Lega, ha esultato per la scelta, dichiarando che “non ci sarà mai spazio per l’ideologia gender nelle scuole” e criticando duramente le proposte avanzate dal Movimento 5 Stelle, che prevedevano percorsi educativi anche per i più piccoli. Proprio il M5S, però, ha ricordato che la loro proposta di legge sull’educazione affettiva e sessuale è bloccata in Parlamento da tre anni, e ha chiesto di discuterla invece di alimentare divisioni ideologiche. La questione però, non si limita alle scuole, recentemente, più di cento docenti universitari hanno protestato contro le ispezioni anti-gender richieste dalla Lega negli atenei di Roma Tre e Sassari. Questi interventi, secondo i professori, mettono in discussione l’autonomia universitaria garantita dalla Costituzione. Il ministero dell’Università, però, ha negato che si tratti di vere ispezioni, affermando di rispettare pienamente l’autonomia accademica. Tra la confusione ed i dubbi però sembra essere sfuggito il vero fulcro della questione: la scuola dovrebbe formare generazioni consapevoli, pronte ad affrontare il mondo con rispetto e maturità. Ridurre l’educazione sessuale a una questione di fertilità appare come un’occasione mancata, un passo indietro che rischia di lasciare irrisolte questioni fondamentali. Non si tratta solo di biologia, ma di creare un dialogo aperto e costruttivo su temi che riguardano tutti.
YOUNG
21 gennaio 2025
Educazione sessuale nelle scuole per fermare le violenze: scontro sull’emendamento