Il professore Prisco: «Sul caso Ventotene, Meloni è furba»
Il Progetto di un Manifesto per un’Europa libera e unita di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi ebbe due versioni; una del 1941, scritta a Ventotene, dove gli autori – il primo già non più comunista, il secondo in seguito tra i fondatori del Partito Radicale erano stati confinati dal regime fascista – e un’altra di tre anni dopo, prefata da Eugenio Colorni (filosofo socialista e marito di Ursula Hirschmann, coautrice di fatto del Manifesto e che poi sposò proprio Spinelli) prima di morire, assassinato a Roma da militi fascisti della famigerata banda Koch, con alcuni cambiamenti e un poco edulcorata a seguito di un dibattito negli ambienti antifascisti. In entrambi i casi i motivi dominanti, tuttora attuali, erano l’opposizione al nazionalismo dei diversi Stati e l’indicazione dell’Europa federale come strumento per costruire la pace e la democrazia (idea visionaria: allora i suoi Paesi si facevano invece la guerra), la critica da sinistra a quella parte della borghesia che aveva scelto il nazifascismo, nonché al capitalismo, l’orizzonte di un socialismo non stalinista. Il “partito rivoluzionario” per la trasformazione sociale di cui ha parlato Meloni a Montecitorio, fingendo scandalo (Spinelli si rimproverò poi questa espressione come ingenuamente leninista, mentre anche politici e intellettuali fascisti consideravano tale il loro) ci fu dopo come una meteora, ossia quello d’Azione e l’immaginata abolizione della proprietà privata non era in sostanza più di quanto oggi prevede la nostra Costituzione per essa e per l’iniziativa economica sempre privata, ossia limiti sociali per tutelare la dignità dei lavoratori e più di recente ambiente, animali, generazioni future (obiettivo che è nel pensiero della sinistra, ma all’epoca era anche in quello del fascismo “sociale” della Repubblica di Salò). Il punto nella bagarre di questi giorni non è però qui. La politica non è dire la verità, se non per caso e a tratti, ma volere fortemente i propri obiettivi. Meloni in questo è brava a cogliere l’attimo. Se abbia mai letto il Manifesto di Ventotene non si sa. La madre notoriamente scriveva con uno pseudonimo romanzetti rosa per crescere le figlie, essendo separata dal marito. Può anche darsi che la Presidente del Consiglio si sia fermata a questi, ad opuscoli neofascisti e a poco altro di più, ma c’era stata a Roma la piazza “chiamata” da Repubblica, che aveva anche distribuito gratis il libretto con quel testo. Occorreva reagire, anche per distrarre l’attenzione dalle divisioni della maggioranza in politica estera (non che gli altri sotto questo profilo stiano meglio) e lei l’ha fatto con astuta spregiudicatezza. Le opposizioni parlamentari (che se riuscissero a sommarsi, superando le loro divisioni, governerebbero) sono cascate nella trappola tutte d’un pezzo. Ecco perché Meloni è a Palazzo Chigi e continuerà a starci, mentre esse abbaiano alla luna senza alcuna concretezza.


