A Napoli le pensioni più basse d’Italia: ma le addizionali restano le più alte
CRONACA
3 maggio 2025

A Napoli le pensioni più basse d’Italia: ma le addizionali restano le più alte

metropolisweb

“A Napoli e nella sua area metropolitana i pensionati vivono in condizioni drammatiche ed al tempo stesso paradossali. A fronte di un trattamento mensile che è il più basso d’Italia abbiamo le addizionali regionale e comunale nella città capoluogo più alte di tutto il Paese. Decine di migliaia di persone riescono ad andare avanti al massimo per due settimane, con sacrifici incredibili e privazioni quotidiane. E’ arrivato il momento di dire basta, e di aprire una grande fase vertenziale in città ed in provincia a difesa della terza età. La nostra federazione è pronta a mobilitare gli iscritti se non arriveranno risposte positive ed immediate dalle istituzioni pubbliche territoriali”. Lorenzo Medici, vice reggente della FNP Cisl di Napoli, segnala i dati del rendiconto sociale regionale realizzato dal Comitato di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps, e precisa: “Nella città metropolitana a fine 2023 risultano vigenti e liquidate 634.986 pensioni di invalidità, vecchiaia o anzianità anticipata e superstiti, di cui 329.734 alle donne e 305.234 agli uomini, contro 1.251.758 in tutta la Campania. L’importo erogato è inferiore a quello medio in Italia di 165 euro per il sesso femminile e di circa 400 euro per quello maschile per gli ex lavoratori dipendenti, e cresce ancora di più per quelli inquadrati come parasubordinati, ovviamente in conseguenza di versamenti contributivi più bassi dovuti ad una scarsità atavica nei decenni di posti di lavoro rispetto al Nord. Ma se non bastassero già gli assegni sensibilmente inferiori, da noi i pensionati vengono ulteriormente penalizzati per le addizionali più salate in assoluto, il 3,3% della Regione Campania e l’1% del Comune di Napoli in deroga al limite dello 0,8% nell’ambito delle politiche di risanamento del debito in corso di attuazione, e le liste di attesa più lunghe d’Italia, che mettono a rischio la salute di persone fragili e non in grado di andare altrove a curarsi non potendo pagare” le parole di Lorenzo Medici della Cisl.  “E’ un quadro a tinte fosche – sottolinea a sua volta la leader della confederazione territoriale Melicia Comberiati – per contrastare il quale bisogna intervenire subito. Chiediamo un confronto con il Comune e la Città metropolitana per pervenire alla definizione di un protocollo di intesa necessario per sostenere la terza età” afferma la Comberiati. “La riduzione delle addizionali e la creazione di apposite corsie dedicate per i controlli e le visite mediche per gli over 65 – conclude Medici – sono un atto di giustizia ed al tempo stesso di necessità, perché qui non ce la fanno ad andare avanti con un reddito da fame e al tempo stesso con costi proibitivi, dalla fiscalità aggiuntiva locale, esagerata soprattutto a livello regionale ed inspiegabile vista la qualità dei servizi offerti all’utenza, ai prezzi dei prodotti sempre più alti anche rispetto all’inflazione certificata, senza controllo alcuno da parte dei livelli istituzionali. Purtroppo abbiamo decine di migliaia di cittadini in quiescenza che vivono al di sotto della soglia di povertà. Questa è la vera, grande emergenza di Napoli e provincia, che va affrontata con impegno e priorità, prima che diventi definitivamente irreversibile” conclude il reggente della Fnp Cisl di Napoli, Lorenzo Medici.

La situazione. Il sistema pensionistico italiano nel 2025 si trova ad affrontare sfide significative legate a fattori demografici e economici. A livello nazionale, l’invecchiamento della popolazione, con un’età mediana di 48,4 anni nel 2023, e un tasso di fecondità di 1,24 figli per donna, mette a dura prova la sostenibilità del sistema basato sul principio della ripartizione.     Nel 2024, la spesa pensionistica ha rappresentato il 15,4% del Pil leggermente inferiore al 16% previsto, grazie a una revisione al rialzo del Pil da parte dell’Istat e a una minore spesa per pensioni. Le proiezioni indicano una stabilità del rapporto spesa/PIL fino al 2044, seguita da una graduale diminuzione, raggiungendo il 16% nel 2050 e il 13,9% nel 2070, principalmente a causa dell’applicazione generalizzata del calcolo contributivo e della stabilizzazione del rapporto tra pensioni e occupati.    Nel primo trimestre del 2025, l’importo medio delle pensioni è aumentato di 8 euro rispetto all’anno precedente, passando da 1.229€ a 1.237€, un incremento considerato insufficiente rispetto all’inflazione e al costo della vita.

Il caso Campania. La Campania, come molte regioni del Mezzogiorno, presenta peculiarità che influenzano il sistema pensionistico. Secondo i dati dell’INPS, il Sud Italia eroga il 30,9% delle pensioni totali, ma riceve solo il 24,4% dei fondi destinati, evidenziando una disparità rispetto al Nord, che concentra il 47,8% delle pensioni e il 55,9% degli importi erogati.     In Campania, l’elevato tasso di disoccupazione e l’economia sommersa contribuiscono a una minore contribuzione previdenziale, con conseguenti pensioni di importo inferiore. Inoltre, l’invecchiamento della popolazione e l’emigrazione dei giovani verso altre regioni o all’estero riducono ulteriormente la base contributiva, aggravando la sostenibilità del sistema pensionistico regionale.

Prospettive future.     Le previsioni demografiche e le tendenze economiche indicano la necessità di riforme strutturali per garantire la sostenibilità del sistema pensionistico italiano. Interventi mirati, come l’incentivazione della previdenza complementare e politiche attive per l’occupazione giovanile, potrebbero contribuire a rafforzare la base contributiva, soprattutto in regioni come la Campania.     In conclusione, il sistema pensionistico italiano necessita di un’attenta pianificazione e di riforme mirate per affrontare le sfide demografiche ed economiche, con particolare attenzione alle specificità regionali come quelle della Campania. Ed è anche il motivo per cui sono state immediatamente richieste delle azioni di contrasto da parte delle organizzazioni sindacali.