Tra le prime parole che un papa pronuncia, appena eletto, non c’è una formula liturgica o una citazione biblica. C’è un nome. Quello che sceglie per sé stesso. È un atto breve, ma carico di storia e significato. Ogni nome pontificio è una dichiarazione d’intenti, una finestra aperta sulla Chiesa e sul mondo, un simbolo di quello che il nuovo pontefice vorrà rappresentare. Non è un dettaglio, è una direzione.
Molti papi scelgono un nome già portato da figure del passato, come a voler tessere un filo con chi li ha preceduti. Giovanni Paolo I, nel 1978, stupì tutti unendo per la prima volta due nomi: Giovanni e Paolo, in onore di Giovanni XXIII e Paolo VI, i papi del Concilio Vaticano II. Un gesto che diceva già tutto: continuità, memoria e riforma. Dopo di lui, Giovanni Paolo II ne raccolse idealmente il testimone, rafforzando il legame con quella stagione di rinnovamento.
Ma non sempre si guarda indietro. A volte, si sceglie un nome mai usato. È il caso di papa Francesco, nel 2013. Nessuno prima di lui aveva osato richiamarsi così direttamente al poverello di Assisi. In quel nome c’era la visione di una Chiesa umile, in cammino, attenta agli ultimi e alla custodia del Creato. Non solo un simbolo, ma un programma di pontificato scolpito fin dall’inizio.Altri nomi, come Pio, Leone o Gregorio, sembrano evocare forza e autorità. Leone XIII, ad esempio, fu un pontefice colto e deciso, capace di tenere insieme la dottrina e l’apertura al mondo moderno.
I Papi “Pio” – ben dodici nella sola età moderna – hanno incarnato spesso la fermezza dottrinale, soprattutto in tempi di crisi o attacchi alla Chiesa.E poi ci sono nomi che sorprendono, che appaiono enigmatici o controcorrente. Celestino V, l’eremita che accettò il papato e poi abdicò nel 1294, scelse un nome che parlava di cielo e contemplazione.
Benedetto XVI, invece, dichiarò di ispirarsi a san Benedetto da Norcia, patriarca dell’Europa, e a Benedetto XV, pontefice della pace durante la Prima guerra mondiale. Un nome, il suo, che voleva costruire ponti tra spiritualità, cultura e diplomazia.Il nome papale è anche comunicazione. Non solo per la Chiesa, ma per i fedeli di tutto il mondo. Deve risuonare come una promessa. Per questo, raramente viene scelto a caso. E quando accade, come nel caso di papa Mastai Ferretti che nel 1846 prese il nome di Pio IX, il gesto può rivelare più di quanto si pensi: in quel nome, apparentemente tradizionale, si nascondeva già una traiettoria di restaurazione e scontro con il nascente Stato italiano.
Curiosamente, nessun papa ha mai scelto il nome Pietro II. È come se ci fosse un tacito accordo: nessuno può essere all’altezza dell’apostolo Pietro. E lo stesso vale per Giuda, nome carico di una simbologia troppo pesante. In questi silenzi c’è tutta la potenza della tradizione e della memoria cristiana.Guardando alla storia, alcuni nomi hanno avuto un successo straordinario.
Giovanni è stato il più gettonato con ben 23 utilizzi, seguito da Gregorio e Benedetto con 16, e poi Clemente e Innocenzo. Dietro questa ripetizione c’è un desiderio di continuità, di identità, di rassicurazione nei momenti incerti.Una curiosità riguarda il cambio di nome. È ormai consuetudine per ogni nuovo papa, ma non sempre è stato così. Fino al VI secolo, molti papi mantenevano il nome di battesimo.
Fu papa Giovanni II, nel 533, il primo a cambiarlo: si chiamava Mercurio, nome pagano ritenuto inappropriato per il successore di Pietro. Da allora, il cambio è diventato tradizione, ma non esistono casi moderni di papi che abbiano cambiato nome dopo averlo già annunciato.Tuttavia, alcune scelte hanno suscitato polemiche. Bonifacio VIII, ad esempio, volle richiamarsi a un predecessore forte e autoritario, e in effetti il suo pontificato fu segnato da uno scontro feroce con il re di Francia Filippo il Bello, culminato con l’episodio drammatico dell’oltraggio di Anagni. Il nome scelto fu il preludio a un’epoca di conflitti tra trono e altare.
L’unico caso in cui un papa ha scelto due nomi fu quello, già citato, di Giovanni Paolo I. In quel gesto innovativo c’era il desiderio di conciliare due visioni, due pontificati, due stili diversi ma complementari. E fu un’innovazione che lasciò il segno, tanto da essere ripresa subito dal successore.
Infine, il nome scelto può diventare profezia. Francesco, in questo, ne è l’esempio più evidente. Ma anche Benedetto XVI, con la sua scelta austera e spirituale, ha incarnato pienamente lo spirito di contemplazione, ragione e liturgia che voleva trasmettere.Per questo, ogni volta che un nuovo papa appare alla Loggia e annuncia il suo nome, il mondo ascolta. E in quella parola antica, spesso carica di storia, inizia già a intravedere il volto del nuovo pontificato.