Gragnano. Il ras del clan Di Martino incassava le estorsioni anche durante la latitanza
CRONACA
9 maggio 2025

Gragnano. Il ras del clan Di Martino incassava le estorsioni anche durante la latitanza

Michele De Feo

Gragnano. Il territorio dei Lattari piegato al clan Di Martino, i commercianti e gli imprenditori gragnanesi pagavano il pizzo al ras Antonio Di Martino anche mentre era latitante. Gli affari del clan, secondo l’Antimafia, non si fermavano mai, nemmeno quando lo Stato ha provato a fare breccia in quella cortina di terrore che da 30 anni tiene in ostaggio Gragnano. Antonio Di Martino, per la Dda, avrebbe continuato a svolgere il suo ruolo per la cosca nonostante fosse ricercato dai carabinieri che provarono ad arrestarlo per traffico di droga nel 2018 nell’ambito della retata scaturita dall’inchiesta Olimpo. E’ quello che emerge dalle carte dell’ultima indagine sul clan Di Martino, la cosca con fortino a Iuvani, frazione montana di Gragnano, egemone sul territorio dei Monti Lattari. Un’indagine ancora in corso perché i sei principali indagati sono ancora a piede libero. Annamaria Molinari, 60 anni, moglie del boss e fondatore della cosca, attualmente recluso in casa lavoro, Leonardo Di Martino, e i suoi cinque figli, Antonio, 45 anni, Vincenzo, 44 anni, Fabio, 38 anni, Michele, 35 anni, e Rosario, 22 anni, sono accusati di associazione a delinquere di stampo camorristico e, a vario titolo, per detenzione ai fini di spaccio di droga, e di detenzione abusiva di armi da fuoco, e, appunto, estorsione. Ad Antonio, il figlio maggiore di Leonardo o’lione, sono contestati due capi di imputazione. Il primo per essersi occupato dell’affare pizzo per conto del clan durante i due anni di latitanza e l’altro, specifico, sempre per estorsione, ai danni di un titolare di una pescheria di Gragnano, costretto a versare la tangente alla cosca di Iuvani tre volte all’anno: Natale, Pasqua e Ferragosto. Tutti reati che sono contestati tra il 2018 e il 2020, periodo nel quale l’uomo riuscì a rendersi invisibile alle forze dell’ordine. Di Martino, in tutto quel tempo, non si sarebbe mai mosso da Gragnano mandando avanti le sue attività illegali, sfruttando i favori di fiancheggiatori insospettabili- sono già stati condannati in primo grado- e l’omertà da parte della cittadinanza. I carabinieri riuscirono a catturalo solo nel dicembre del 2020, a pochi passi dalla sua abitazione, rincorrendolo tra i boschi dei Lattari utilizzando uno squadrone speciale e un elicottero. Dopo aver scontato quattro anni tra arresti domiciliari fuori regione e carcere, il 45 enne, su istanza dell’avvocato Antonio de Martino, è tornato completamente libero poche settimane fa. Attualmente è indagato a piede libero nel processo «Golden Hiding», in quanto promotore di un’associazione finalizzata alla coltivazione intensiva, e alla vendita di marijuana, e, sempre per reati di droga, nel processo Cerbero, procedimento nato da un’inchiesta sul clan D’Alessandro, storici alleati dei Di Martino. Ora si ritrova indagato in quella che è un’inchiesta ancora in fase embrionale, nata dal ritrovamento del libro mastro del clan di Iuvani- una serie di documenti dove è appuntata la contabilità della cosca per le estorsioni- nella casa della madre in quello che era il bunker dove con molta probabilità, secondo gli inquirenti, il ras ha trascorso la sua latitanza. I carabinieri lunedì scorso, nel corso del blitz che ha portato all’arresto di 6 persone ritenute vicino al clan di Iuvani, hanno eseguito una perquisizione nella sua abitazione e in quella della madre e dei 4 fratelli. I militari hanno messo sotto sequestro telefoni e denaro contante. Dalle ulteriori perizie la Dda cercherà di chiudere il cerchio attorno a tutte le attività del clan.