L’8 e il 9 giugno si vota per cinque referendum, quattro sul lavoro e uno sulla cittadinanza.
Nicola Ricci, segretario regionale della Cgil che questi referendum li ha voluti: come giudica l’invito a non votare della seconda carica dello Stato?
«Io penso sia avvenuto un fatto grave, tant’è vero che La Russa ha dovuto riaggiustare un po’ il tiro. Noi siamo il Paese in cui cinque elettori su 10 non vanno a votare, confermando questa sensazione che il voto non serve a nulla. Io invece dico che il voto al referendum ha un grande valore democratico: il referendum consente senza filtri di cambiare direttamente. In politica tu devi scegliere il candidato, devi seguire il programma elettorale e quant’altro. Sul referendum noi poniamo cinque quesiti per cambiare quattro leggi sul lavoro e uno sulla cittadinanza: un esercizio di democrazia diretta e partecipata in cui il cittadino è davvero coinvolto. Quando un’alta carica dello Stato invita a non votare io credo che sia anti democratico e nel caso del presidente del Senato, che ha corretto il tiro per fortuna, la cosa è ancora più grave».
Entriamo nel merito: il primo quesito sui contratti di lavoro e del Jobs Act, contestato anche a sinistra.Votare sì perchè? «In questa battaglia non c’è nulla di ideologico. Vorrei fosse chiaro che per la prima volta dal dopoguerra oggi, la Cgil è la prima volta che si misura con i referendum. Oggi c’è una legge che discrimina chi è stato assunto entro marzo del 2015 e chi è stato assunto dopo marzo 2015. Due lavoratori, uguali in tutto, non hanno lo stesso diritto davanti alla legge. Se chi è stato assunto prima del 2015 venisse licenziato, il giudice può decidere che venga riassunto. Per chi è stato, invece, assunto dopo marzo 2015, può scattare solo un risarcimento».
Il secondo quesito, invece, mira a abrogare il limite all’indennità per i licenziamenti nelle piccole imprese. Che cosa significa?
«Oggi cosa accade in caso di licenziamento illegittimo: il risarcimento non può superare le sei mensilità. Votando sì al referendum si permetterebbe di superare il limite delle sei mensilità. In Campania c’è un tessuto di imprese molto diversificato. Abbiamo tanti imprenditori corretti, ma altri no. C’è chi perché gli stai sulle scatole o perché ritiene che un lavoratore alzi troppo la voce nel rivendicare i propri diritti, usano il licenziamento come arma. Perchè esiste una legge che prevede che io ti sbatto fuori dal posto di lavoro e al massimo ti riconosco sei mensilità. Noi chiediamo che se il giudice ha stabilito il risarcimento non solo morale ma anche materiale della perdita del posto di lavoro, questo non abbia più i vincoli del numero di mensilità».
Il terzo quesito, invece, fa riferimento all’apprendistato e ai tirocini, sempre per evitare il precariato.
«Noi riteniamo che la norma esistente peggiora questo stato di precarietà del mondo del lavoro, perché non impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare i motivi per cui io decido di far lavorare un giovane solo 12 mesi. Questa norma va abolita perché se tu vuoi assumermi per 12 mesi, mi devi dire perché lo fai. E quindi il lavoratore può scegliere in libertà se decidere se accettare questa opzione. Anche se è una grande ricchezza il turismo e quindi tutto ciò che comporta, ricordiamo che siamo anche una regione con grandi imprese, grandi industrie e il tema della precarietà non può essere sottovalutata».
Dei quattro quesiti sul lavoro, il quarto invece è quello forse con il maggiore impatto sociale. Parliamo di incidenti sul lavoro e morti bianche. Perchè votare si?
«In alcuni casi, ormai, parliamo di omicidi sul lavoro. Soprattutto per il senso di impunità di alcuni imprenditori. Però se un’azienda, magari di grandi dimensioni, appalta a un’azienda minore un lavoro importante, è assurdo che la prima non abbia alcun tipo di vincoli. La ditta che ha appaltato non ha alcun vincolo rispetto alle responsabilità che si assume col subappalto. E’ un problema non solo culturale, ma di legislazione. Io ricordo gli ultimi casi importanti: l’incidente di Trenitalia a Brandizzo, Esselunga a Firenze, la centrale dell’Enel. Io credo che se ci fosse una corresponsabilità anche chi deve controllare, sarebbe più attenta facendo un’operazione di prevenzione molto importante. Se parliamo di incidenti sul lavoro vorrei ricordare che la Regione Campania fino a qualche anno fa era la prima per deceduti. Bisogna fare assunzioni nel pubblico, negli organismi di controllo, fare di più come vigilanza, più ispezioni. Ho ancora nelle orecchie il racconto della madre del ragazzo di 19 anni, mandato a lavorare alla sua prima esperienza con l’ammoniaca. Le norme ci sono, ma devono essere rispettate».
Il quinto quesito, invece, parla di cittadinanza e secondo voi è una battaglia di civilità.
«Ha ragione è una battaglia di civiltà. Noi in Italia siamo ormai alla terza generazione. Vi sono genitori extracomunitari, migranti che venivano dal Nord Africa o dagli altri paesi, i cui figli parlano come dice Landini meglio di noi l’italiano. Sono anche laureati, integrati nella nostra società. Non è possibile che a loro non venga riconosciuto il diritto di essere cittadini italiani».
Su questo tema, quello dei referendum, l’unità sindacale è andato in frantumi. Vi dispiace?
«Guardi, la Cgil questi referendum li ha sostenuti. La Uil ha deciso di appoggiarci su alcuni temi e lasciare libertà di coscienza su altri. Mi dispiace, invece, per la scelta ideologica della Cisl che ha deciso di sposare la linea Meloni La Russa, invitando a non votare. Mi dispiace perché se io ascolto gli scritti della Cisl, quando facciamo l’assemblea, rispetto ai licenziamenti, rispetto alle morti sul lavoro, rispetto alla precarietà rispetto alla stessa cittadinanza, sono sulle nostre stesse posizioni».
Prima di chiudere, lei tante volte ha parlato dell’area torrese stabiese. Oggi che fotografia scatterebbe di questa parte del nostro territorio dal punto di vista dello sviluppo?
«Questa è un’area con grandi criticità,dove c’è una forte presenza manifatturiera, la cantieristica le grande imprese agroalimentari oltre alla diffusione di un turismo in espansione. C’è però un aspetto su cui sono preoccupato e che, secondo me, merita un approfondimento continuo: il governo ha deciso che i progetti del Pnrr, le cui risorse non venissero utilizzate, andrebbero dirottate verso altri altri progetti. Noi dobbiamo difendere questi progetti: in Campania ce ne sono 24.000, moltissimi nell’area torrese-stabiese. Non dobbiamo perdere quest’occasione, c’è da fare un’operazione con la prefettura e con la stessa regione, con i sindaci e con le organizzazioni sindacali per difendere quello che possono essere le grandi potenzialità, per creare il lavoro che va difeso su questo territorio fino alla fine».
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