Castellammare. Clan D’Alessandro, minacce e pestaggi per prendersi i negozi
CRONACA
18 maggio 2025

Castellammare. Clan D’Alessandro, minacce e pestaggi per prendersi i negozi

Metropolis

Castellammare. L’inchiesta Domino III che ha portato all’arresto di undici persone tra boss, affiliati e presunti colletti bianchi del clan D’Alessandro fa emergere in modo plastico come la camorra inquina l’economia reale a Castellammare di Stabia, limitando l’iniziativa dell’imprenditoria locale e mettendo le mani sugli affari legali per riciclare i soldi sporchi. Ci sono due giovani imprenditori, nell’autunno del 2020, impegnati in una trattativa per rilevare una tabaccheria del centro di Castellammare, a pochi passi dal lungomare stabiese. Hanno deciso di investire in quell’attività commerciale e trovato la disponibilità della titolare che stava cercando acquirenti. Quello che non potevano sapere i due giovani imprenditori è che su quella tabaccheria avevano messo gli occhi Giuseppe Oscurato e Giovanni D’Alessandro, figlio del boss Vincenzo, disposti a tutto per accaparrarsi quell’attività commerciale perché – come spiega Oscurato ai suoi collaboratori – quella licenza «valeva oro». La titolare della tabaccheria sapeva del loro interessamento, ma voleva a tutti i costi provare a chiudere la trattativa con i due giovani imprenditori. Un tentativo che scatena le ire del clan, a tal punto, che Oscurato comincia a pensare come intimidire la donna per costringerla a cedere a loro l’attività commerciale. «Dobbiamo fare una violenza pulita, non quella di mezzo alla via», è una delle frasi che vengono intercettate durante le conversazioni con uno dei suoi collaboratori. Esplicitando poi meglio cosa intendesse per «violenza pulita», ovvero «ci mettiamo là fuori e non le facciamo vendere più un pacchetto di sigarette», a voler significare che la presenza di esponenti del clan D’Alessandro davanti a un’attività avrebbe allontanato sicuramente i clienti. Sta di fatto che, secondo quanto poi riscontrato dagli stessi carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, la tabaccheria passa effettivamente sotto il controllo del clan D’Alessandro, con un patto «tolte le spese, metà degli incassi a noi e metà al boss». Il controllo asfissiante della cosca di Scanzano sul territorio lo si rileva anche in un’altra circostanza, ovvero quando il gestore di una spiaggia a Castellammare di Stabia viene pestato a sangue da alcuni affiliati del clan. Il motivo di quel pestaggio è nello scarso impegno mostrato da quest’ultimo davanti alla richiesta di mettere a disposizione un suo appartamento per la detenzione domiciliare di Teresa Martone, madre di Vincenzo D’Alessandro. Ma quando la moglie della vittima del pestaggio si reca a casa della moglie del boss per chiedere di non andare oltre, si dice disposta a tutto pur di salvare il marito. «Se vuole che gli lasciamo la spiaggia e ce ne andiamo via da Castellammare, lo facciamo», dice la donna. Uno scenario che spiega in modo inquietante come la cosca di Scanzano riesca ad imporre con violenza la sua legge, a infiltrarsi nell’economia reale della città e frenare quasiasi tentativo anche di sviluppo di un territorio che invece avrebbe bisogno di imprenditori pronti a investire anche per creare opportunità di lavoro.