Diabete, giovani e poveri a rischio discriminazione nelle cure
Napoli. Solo il 22% degli adulti con Diabete tiene sotto controllo sia la pressione, che il colesterolo e la glicemia. Giovani, minoranze etniche, persone con basso reddito sono più a rischio di gestione inadeguata e complicanze della malattia.
Parte da questi dati l’American Diabetes Association nell’indicare le raccomandazioni finali del documento “Standards of Care in Diabetes 2025”: promuovere l’accesso equo a terapie e tecnologie, inclusa la telemedicina; puntare a cure ‘su misura’ per ogni paziente, ed eliminare le disuguaglianze.
Obiettivo del documento, illustrato a Riccione al forum Panorama Diabete e che rappresenta un punto di riferimento per le società scientifiche a livello internazionale, è quello di fornire raccomandazioni aggiornate e basate sull’evidenza scientifica per migliorare l’assistenza e la salute delle persone con Diabete. Uno degli elementi centrali è che le cure devono esser condotte da team multidisciplinari e vanno personalizzate, ovvero centrate sul singolo paziente. Ciò significa, si legge, “che le decisioni terapeutiche devono tener conto delle comorbidità e dei determinanti sociali della salute”.
Chiara l’indicazione a identificare con uno screening sistematico fattori che impattano sulla salute e le cure di chi ha il Diabete, come insicurezza alimentare, difficoltà abitative, barriere economiche e problemi linguistici “che possono costituire elementi di discriminazione”.
La telemedicina, inoltre, va garantita perché “migliora l’autogestione del paziente” e l’accesso alle cure, specie in aree rurali: ma deve integrare, e non sostituire, le visite in presenza. Il costo dei farmaci “resta una barriera significativa” in molti contesti, così come una barriera da superare è la scarsa ‘alfabetizzazione sanitaria’. Si evidenzia, infine, come un’alimentazione sbagliata, ma anche ansia, depressione e scarsa qualità del sonno, “sono fattori che contribuiscono all’iperglicemia e a comportamenti sbagliati nella cura del Diabete”.
“Dai colleghi americani ci arrivano tanti input, che sarà importante tenere in considerazione nella stesura delle linee guida italiane”, conclude Riccardo Bonadonna, presidente eletto Sid.

