Huaweigate, chiesta la revoca dell’immunità per Martusciello & co.
Bruxelles. L’annuncio, pronunciato da Roberta Metsola in plenaria, era tutto fuorché inatteso. Preceduto da una sequenza di dichiarazioni degli eurodeputati coinvolti, impegnati a rivendicare la propria totale estraneità. Dopo le perquisizioni andate in scena a marzo, il cosiddetto Huaweigate varca la soglia dell’Eurocamera con la richiesta formale della procura del Belgio di revocare l’immunità a cinque parlamentari: tre esponenti di Forza Italia – Fulvio Martusciello, Salvatore De Meo e Giusi Princi -, il bulgaro dei liberali di Renew Nikola Minchev e il maltese socialista Daniel Attard.
Tutti nel mirino della giustizia belga per un presunto giro di tangenti, regalie e rimborsi illeciti destinati a spingere gli interessi di Huawei nel cuore delle politiche Ue.
Una richiesta che segna il primo atto necessario per l’avvio di un’indagine formale senza tuttavia che si traduca automaticamente in un’imputazione. Nel mosaico ancora in costruzione dell’inchiesta – deflagrata il 13 marzo con un maxi-blitz tra Belgio, Francia e Portogallo – resta centrale una lettera del 4 gennaio 2021, firmata da una quindicina di attuali ed ex eurodeputati tra Popolari e Socialisti, e attribuita dalla procura all’italo-belga Valerio Ottati, principale referente di Huawei per gli affari europei e ritenuto il regista del presunto schema di influenza. Sotto la lente non ci sono soltanto transazioni o scambi opachi su dossier strategici come il 5G, bensì – stando alle comunicazioni notificate agli europarlamentari – episodi come un aperitivo informale sulla piazza antistante l’Eurocamera e biglietti in omaggio per le partite di Champions tra Anderlecht e Ludogorets e tra la stessa squadra brussellese e il Ferencvaros.
Al quadro si sono poi aggiunti gli elementi emersi nei colloqui condotti a Bruxelles con una collaboratrice di Martusciello, Lucia Simeone, fermata il 20 marzo nel casertano con un mandato d’arresto europeo e poi tornata in libertà dopo essersi resa disponibile a collaborare con la giustizia belga. De Meo ha fatto sapere di aver accolto “con stupore” la richiesta di revoca delle guarentigie parlamentari, respingendo fermamente ogni addebito. Sulla stessa linea Giusi Princi, che ha parlato invece di uno scambio di persona.
“Il 25 giugno 2024 ero a Reggio Calabria, alla recita scolastica di mia figlia”, ha spiegato, precisando di essere stata proclamata eurodeputata solo il 3 luglio, una settimana dopo la data contestata. Dal fronte della procura belga non sono invece arrivati nuovi segnali: l’ultima nota ufficiale risale al 4 aprile, quando si confermava un totale di otto indagati, la maggior parte sottoposti a misure cautelari attenuate – braccialetto elettronico o libertà condizionata – dopo una iniziale detenzione preventiva.
Ma il modus operandi della procura federale sta iniziando a generare nervosismo ai piani alti dell’Europarlamento, ancora alle prese con il Qatargate che – dopo due anni e mezzo – ha lasciato dietro di sé più interrogativi che risposte. L’insofferenza verso quelle che, stando a diverse fonti parlamentari, sono ritenute ingerenze degli inquirenti belgi è tangibile. Il tema è stato sollevato anche dal vicepremier Antonio Tajani con Metsola. E dalle file del Ppe si è levata una richiesta netta affinché la presidente alzi la voce, fino a evocare il trasferimento della sede legale del Parlamento dal Belgio alla Francia.


