Lotta ai tumori e prevenzione: l’Italia a due velocità, il Meridione arranca
L’Italia è ancora divisa sul fronte della prevenzione e della cura dei tumori. Se da un lato alcune Regioni – come Toscana, Emilia-Romagna, Veneto – possono contare su screening ben organizzati e capacità di presa in carico tempestiva dei malati, dall’altro restano aree, in particolare nel Mezzogiorno, dove il percorso di assistenza per i pazienti resta fragile e frammentato. E, sempre a Sud, i livelli di adesione agli screening sono in molte regioni ancora sotto le soglie minime. In particolare, Sicilia, Puglia e Campania continuano a registrare le percentuali più basse, con adesioni che, nel caso del colon-retto, non arrivano al 15%. A raccontare una realtà fatta di eccellenze e disuguaglianze sono i dati del Rapporto dell’Agenzia Nazionale dei servizi sanitari regionali sulle Reti Oncologiche. Dove le reti funzionano, i malati ricevono diagnosi precoci, sono seguiti da team multidisciplinari e accedono più facilmente a cure vicino a casa. Dove invece sono incomplete, si trovano a dover affrontare viaggi per essere curati, oppure ad attendere più a lungo per un trattamento. Le differenze non sono dettagli tecnici, ma elementi che influiscono sulla qualità di vita e, in molti casi, sulla possibilità stessa di sopravvivere. L’indagine basata su dati del 2023 ha preso in esame i sette tumori più diffusi valutando il numero di ricoveri effettuati entro 30 giorni dalla prenotazione e l’accessibilità alle terapie entro 100 km dal domicilio. Netta è la differenza tra Regioni “totalmente performanti” (Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte/Valle d’Aosta, Veneto e Lazio) e regioni in cui il raggiungimento degli obiettivi è “legato più alla produttività di singoli centri non integrati in rete” (Lombardia e Friuli Venezia Giulia). “Rimangono da supportare – si legge – Calabria, Molise, Marche, Basilicata e Sardegna, in cui appaiono evidenti, anche dalla mobilità e dall’incompleta risposta alla domanda dei residenti, i margini di miglioramento”. Anche per la prevenzione si registrano gap simili tra Nord e Sud. Nel 2024, sei Regioni non hanno superato il 35% di copertura minima per lo screening mammografico (Basilicata, Campania, Puglia, Sicilia, più Calabria e Sardegna di cui mancano dati) e sette non hanno raggiunto il 25% di adesione allo screening del colon-retto (Abruzzo, Campania, Lazio, Puglia, Sicilia, più Calabria e Sardegna). La situazione migliora leggermente per lo screening alla cervice uterina, per il quale 18 regioni raggiungono il target minimo del 25%. Intanto sul tema tumori, arriva l’appello della Fondazione Veronesi ad aumentare la tassazione sulle sigarette per ridurre l’abitudine al fumo, come hanno fatto già con successo molti Paesi. In vista della Giornata Mondiale senza Tabacco del 31 maggio, la Fondazione ha commissionato una ricerca per capire cosa ne pensano gli italiani. I risultati mostrano che sei su dieci sarebbero favorevole a portare il costo di un pacchetto sopra gli 11 euro, praticamente raddoppiandolo. “Il fumo causa 90.000 morti l’anno in Italia. A esso sono collegati molti tipi di cancro, non solo ai polmoni, ma anche a esofago, laringe, pancreas, stomaco”, spiega Francesco Perrone, presidente dell’Associazione italiana oncologia medica (Aiom). A fronte di questi danni, in Italia le sigarette costano meno della media europea e circa la metà di Gran Bretagna, Francia e Irlanda. “Siamo rimasti indietro nella politica di lotta al tabagismo. Alzare le tasse sul fumo – conclude Giulia Veronesi, direttore della Chirurgia Toracica dell’Ospedale San Raffaele di Milano e membro del Comitato di Lotta al Fumo di Fondazione Veronesi – significa prevenire malattie e decessi ma anche liberare risorse utili per la sanità pubblica”.

