Monti Lattari. Caccia alle armi dei sicari della cosca
CRONACA
3 giugno 2025

Monti Lattari. Caccia alle armi dei sicari della cosca

Michele De Piro

Un territorio angusto e impervio ma estremamente favorevole alla coltivazione della marijuana. Chi ottiene il monopolio ha tra le mani un affare che frutta milioni di euro e che ti rende tra i primi fornitori del sud Italia di una delle sostanze stupefacenti più richieste sul mercato. L’obiettivo della campagna Continuum Bellum III sarà quello di chiudere definitivamente il cerchio attorno ad almeno uno degli omicidi irrisolti della faida tra il clan Di Martino e gli altri nacos dei Monti Lattari. I carabinieri della compagnia di Castellammare e quelli del corpo speciale dei Cacciatori di Calabria stanno già setacciando la zona dei Lattari mettendo a segno sequestri di droga e armi. Per il terzo anno di fila (da qui il numero tre), i militari proveranno a fare breccia tra le viscere dei Monti Lattari, il complesso montuoso dove il clan Di Martino con roccaforte a nella frazione di Iuvani a Gragnano, nasconde i suoi segreti. Quelli più preziosi sono quelli relativi agli omicidi e ai fatti di sangue che hanno permesso alla cosca fondata da Leonardo o’lione nel ’93 di ottenere il monopolio del crimine organizzato sul territorio dei Lattari. Sono almeno cinque i delitti irrisolti riconducibili alla cosca di Iuvani che avvalendosi del patto di ferro con i D’Alessandro di Scanzano, avrebbero deciso di eliminare tutti gli avversari scomodi alla loro ascesa criminale.  Così tra il 2012 e il 2019 Mario Cuomo, Ciro Orazzo, Antonio Di Lorenzo, e Rino Chierchia, sono stati ammazzati con dinamiche simili e, forse, per lo stesso movente. Tutti e quattro- sono ancora delitti irrisolti- erano ritenuti vicino agli ambienti della fornitura della marjuana come Ciro Gargiulo, alias o’Biond, ammazzato a colpi di lupara nel febbraio del 2024 mentre era nel suo giardino a Casola di Napoli. Pochi mesi prima, a testimonianza dell’ambiente ancora “caldo”, si verificò un tentativo di agguato nelle curve che portano al comune di Lettere. Anche questa è una delle strade che l’antimafia sta percorrendo per risalire al movente e all’identità di killer e mandanti dell’ultimo omicidio di camorra utile al clan D’Alessandro e Di Martino per ottenere il monopolio della droga nella zona. Gli ostacoli che stanno trovando gli investigatori sono prettamente due. Il primo è logicamente l’omertà e la paura, il secondo è l’assenza di collaboratori di giustizia affiliati in passato al clan Di Martino. Per questo l’unica strada che rimane per ricostruire i delitti è quella di cercare le armi utilizzate per compiere questi delitti efferati e da lì, eventualmente, risalire alle impronte digitali di chi potrebbe aver sparato. Un lavoro non semplice, ma è anche vero che negli ultimi tre anni sono state centinaia le armi sequestrate tra i Monti Lattari (l’ultimo il 25 maggio scorso con 4 fucili trovati a Lettere) e una sarebbe stata utilizzate con certezza in un fatto di sangue. Sulle indagini vige il massimo riserbo anche perché tutti i massimi esponenti del clan Di Martino sono attualmente in libertà e indagati a piede libero per associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di droga e armi, ed estorsione. La storia della lotta al crimine insegna che i clan iniziano sempre ad essere smantellati a seguito della risoluzione degli omicidi. Da lì partono gli ergastoli, da qui escono i collaboratori di giustizia, e dalle parole vengono fuori i segreti di una terra estremamente contaminata dalla camorra.