Scafati/Poggiomarino. Morì sul lavoro a 22 anni, inchiesta ferma. «Alessandro ucciso due volte»
CRONACA
7 giugno 2025

Scafati/Poggiomarino. Morì sul lavoro a 22 anni, inchiesta ferma. «Alessandro ucciso due volte»

Mario Memoli

Quasi tredici mesi dalla tragedia di via Melchiade, dove il 17 maggio 2024 in un incidente sul lavoro perse la vita il 22enne di Poggiomarino Alessandro Panariello. Nonostante i solleciti in Procura a Nocera Inferiore degli avvocati che assistono i familiari, non ci sarebbe nessuna svolta nelle indagini sul decesso. “Dal giorno del deposito dell’autopsia non abbiamo più ricevuto notizie, neppure gli effetti personali di Alessandro mi hanno restituito”. A parlare è la 42enne Flora Pecoraro, madre del giovane operaio di Poggiomarino che perse la vita mentre si stava occupando di lavori a uno stabile.

Stava tirando la fune di una carrucola per sollevare alcune lastre d’acciaio quando il carico si era staccato cadendogli addosso. L’impatto era stato violento e il giovane morì quasi sul colpo con un taglio netto alla gola.  Con il volto scavato dal dolore, la donna non riesce a capire perchè non c’è stata ancora la svolta nelle indagini affidate alla procura di Nocera Inferiore. Per quella morte sono iscritte sul registro degli indagati 5 persone tra committente dei lavori, titolari e imprenditore titolare dell’azienda dove il 22enne prestava la propria opera (sarebbe stato senza contratto). “Non sappiamo a chi rivolgerci, gli avvocati (Gennaro Caracciolo e Agostino Russo dello studio “Forensis” di Caserta, ndc) dicono che hanno più volte sollecitato i magistrati ma dopo il deposito della perizia avvenuto nell’autunno scorso non ho più saputo nulla di quel maledetto incidente. E nemmeno i legali riescono a spiegarsi questa situazione”, aggiunge la donna con lo sguardo perso nel vuoto. “Chiedo chiarezza e soprattutto giustizia, cosa che finora non ho avuto. So solo che da oltre un anno vivo senza la presenza di mio figlio e che per la sua morte esistono colpe specifiche, tuttora però non ancora emerse nero su bianco, anche perchè è abbastanza chiara la dinamica di quell’incidente così come è chiaro tutto il resto”.  Non se ne fa una ragione Flora Pecoraro. “Mio figlio non me lo restituirà più nessuno, sia chiaro, ma in questo modo si sta ulteriormente calpestando la sua memoria. Almeno ci dicessero qual è la cosa che tiene a freno le indagini,  sappiano che sono stati fatti tutti i passaggi ma di colpe specifiche- quelle che dovrebbe accusare la procura- non ne vedo ancora. Eppure da altre parti, con lo stesso reato contestato, si viaggia a passo spedito: non vorrei che mio figlio fosse trattato come un morto di altra categoria. Non riesco a pensare diversamente a meno che la giustizia non usi due pesi e due misure diverse a seconda delle procure titolari delle indagini”.

E conclude: “Non chiedo niente, solo giustizia e chiarezza per quella morte. E nel frattempo mi restituissero almeno gli effetti personali, telefonino incluso”.  A maggio la famiglia, unitamente agli amici avevano ricordato il giovane Panariello con una Santa Messa  celebrata presso la Chiesa Sant’Antonio da Padova. Due denunce erano state presentate in Procura a Nocera Inferiore, la seconda ad opera della stessa madre  del giovane contro il datore di lavoro, titolare di un’azienda di Boscoreale il quale- secondo la famiglia- non avrebbe regolarizzato la posizione dello sfortunato 22enne. Cosa di cui Alessandro Panariello se n’era lamentato fino a un’ora prima della sua morte quando con il telefonino aveva mandato messaggi audio alla fidanzata. Panariello lavorava da 7 anni con quella azienda boschese e per svolgere la mansione di operaio il titolare lo avrebbe retribuito con  50 euro al giorno e a detta dei familiari la paga non sarebbe stata mai aumentata nonostante svolgesse mansioni delicate e da operaio esperto.  A quasi tredici mesi dalla tragedia non c’è stata svolta nelle indagini nonostante il sollecito della famiglia che ha affidato ai legali Caracciolo e Russo l’assistenza nel procedimento penale.