Si vota per i referendum e dall’affluenza alle urne capiremo se abbiamo davvero compreso il valore della democrazia, o se siamo rimasti il solito gregge che bela e, oggi, a posta.
Appena qualche mese fa, ci siamo commossi davanti al bianco e nero di “C’è ancora domani” della straordinaria Cortellesi, abbiamo sentito, guardando il suo film, l’orgoglio di quel primo voto conquistato dalle donne, la forza di quel 2 giugno del 1946, che segnò il risveglio di un Paese e il principio della nostra democrazia.
Un film potente, un’opera capace di far vibrare corde profonde. Ma chissà se lo abbiamo compreso fino in fondo o se, come spesso accade, ci siamo limitati ad un commento di maniera, vuoto e superficiale.
A distanza di qualche mese da quelle sale gremite e da quei post indignati o ispirati sui social, cresce la curiosità di capire quante di quelle persone che hanno condiviso la locandina del film, che hanno scritto “non dimentichiamo il valore del voto”, si presenteranno davvero alle urne per raggiungere il quorum e non sprecare l’ennesima occasione di partecipazione. Capiremo se abbiamo compreso davvero il valore del voto e della democrazia.
Perché è facile commuoversi davanti a uno schermo ma è più difficile mettersi in discussione quando la democrazia chiama e il primo istinto è dire “tanto non serve a nulla”. Invece serve. Eccome se serve.
Cinque quesiti: quattro che riguardano il lavoro, i diritti dei lavoratori, la sicurezza nei cantieri. Uno che riguarda i tempi per diventare cittadini italiani. Temi concreti, reali, urgenti. Temi che toccano la pelle viva del Paese.
Volendo essere realisti, come accade da troppo tempo, anche stavolta tutto sembra spingere all’astensione: partiti ambigui, istituzioni afone, informazione tecnica e rarefatta. Magari ci sbagliamo. Magari abbiamo capito finalmente che la democrazia non funziona da sola. Che ha bisogno di essere nutrita, vissuta, esercitata.
Magari abbiamo capito che il referendum, tra tutte le forme di partecipazione, è la più esigente: perché non delega. Non ha intermediari. Non prevede alibi. Ci chiama in prima persona. Ci mette davanti a una scelta. E ci dà un potere che troppo spesso sprechiamo.
Votare è un diritto e un dovere, e lo è ancora di più per i giovani, perché i referendum parlano proprio a loro, al loro futuro, al lavoro che avranno o non avranno, ai diritti che difenderanno o perderanno, al tipo di Paese in cui decideranno di restare, o da cui scapperanno.
Non si può restare a guardare e poi lamentarsi che “tanto decidono sempre gli altri”. Perché se non voti, stai lasciando che siano gli altri a scegliere per te. Stai regalando a qualcun altro il diritto di decidere sul tuo domani.
Purtroppo, siamo diventati un Paese che difende la Costituzione solo quando gli fa comodo, che cita il diritto al voto per postare frasi fatte nei giorni delle commemorazioni, ma poi si rifugia nella pigrizia quando può davvero fare la differenza.
Ma se davvero quel film ci ha lasciato qualcosa, dimostriamolo. Non con le parole. Con il gesto. Con la presenza. Con la responsabilità. Non si può gridare “mai più dittature” e poi disertare l’unico strumento che ci rende sovrani: l’urna.
“C’è ancora domani” è stato un grido per ricordarci da dove veniamo. Il referendum è un’occasione per capire dove vogliamo andare. Per capire se abbiamo il coraggio di alzarci, scegliere e metterci la faccia.