Ercolano. In una domus affacciata sul golfo, il pranzo si consuma lentamente: farro cotto in un ricco brodo di verdure, mescolato a piselli dolci appena raccolti, riempie ciotole raffinate, diffuse tra le famiglie benestanti della città. I commensali sorseggiano vino tra chiacchiere e profumi di erbe fresche. Nessuno può immaginare che quello sarà uno degli ultimi pasti e che resterà, per sempre, imprigionato nella cenere del Vesuvio. È questa la suggestione che prende forma passeggiando tra le sale di Villa Campolieto, una delle più affascinanti ville borboniche del Miglio d’Oro, completamente immersi nella mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola”, organizzata dal Parco Archeologico di Ercolano in collaborazione con la Fondazione Ente Ville Vesuviane e visitabile fino al 31 dicembre 2025. Tra vetrine e installazioni si percepisce quasi il suono sommesso di vasellame, pentole e oggetti in vetro: utensili che, rinvenuti negli scavi ed esposti con originalità, restituiscono preziose informazioni sugli aspetti fondamentali dell’alimentazione degli antichi ercolanesi, dalla produzione al consumo fino allo smaltimento del cibo. Molti di questi indizi provengono proprio dalle latrine, autentici scrigni archeologici in grado di raccontare con sorprendente precisione cosa mangiavano e come vivevano gli abitanti della città. La mostra prende il titolo dalla celebre affermazione di Orazio “Ab ovo usque ad mala” (Satire, I, 3, 6 s): dalle uova alla frutta. E come in un banchetto cantato dai poeti, l’antica Ercolano ci consegna una sorprendente varietà di reperti organici in condizioni eccezionali: pane, cereali, legumi, frutta, uova, frutti di mare. Testimonianze concrete di una dieta ricca e articolata, che rivelano non solo le materie prime, ma anche la raffinatezza di una cultura gastronomica quotidiana e vivace. Il confronto tra i resti alimentari e le analisi condotte sugli oltre 300 scheletri ritrovati sull’antica spiaggia di Ercolano offre poi una prospettiva ancora più interessante sulla salute e sulle abitudini alimentari della popolazione. Uomini, donne e bambini che un tempo abitavano quelle strade continuano, oggi, a parlarci: esistenze sospese, mai del tutto interrotte, che rivivono attraverso le tracce lasciate nel tempo e il racconto che ci hanno affidato. Ma i resti carbonizzati svelano anche un’alimentazione variegata ed equilibrata: ricca di fibre, vitamine e grassi buoni, sorprendentemente vicina alla moderna dieta mediterranea, oggi considerata tra le più salutari al mondo. Lo studio dell’alimentazione antica non è solo un affascinante viaggio nel passato, ma anche una chiave per comprendere meglio il presente: analizzare cosa mangiavano gli antichi e con quali effetti sulla salute, aiuta archeologi, antropologi e nutrizionisti a ricostruire l’evoluzione delle abitudini alimentari e a riflettere su sostenibilità, benessere e cultura del cibo. In questo senso, il passato continua a nutrire il presente — anche in senso letterale.
CRONACA
9 giugno 2025
Cultura. Il cibo degli antichi Ercolanesi in mostra a Villa Campolieto