Castellammare. Sequestro dell’Antimafia del ristorante «Le Tre Caravelle», ecco chi è Luciano Verdoliva
CRONACA
12 giugno 2025

Castellammare. Sequestro dell’Antimafia del ristorante «Le Tre Caravelle», ecco chi è Luciano Verdoliva

Michele De Feo

«Stasera andiamo alle Tre Caravelle in villa a Castellammare, fanno dei piatti a base di pesce la fine del mondo». Quante volte inconsapevolmente qualunque cittadino dell’hinterland o turista potrebbe essere andato a mangiare al ristorante che ieri mattina è stato sequestrato dall’Antimafia perché gestito dal colonnello del clan D’Alessandro Luciano Verdoliva. La maxi operazione condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, coordinati dal maggiore Gerardo De Siena, dimostra come la camorra a Castellammare abbia contaminato ogni branca dell’economia riuscendo ad entrare nella quotidianità di una città che a stento riesce a rialzarsi dopo decenni di abbandono e di degrado. La camorra è un fenomeno con cui ogni cittadino convive ogni giorno. Non esiste più il noi e il loro. Non esiste più quella divisione tra guardie e ladri. Esistono i rapporti grigi, i personaggi sospetti, gli uomini del clan e i boss che si sono trasformati in imprenditori, baristi, e ristoratori. E’ questo lo spaccato che viene fuori dalle oltre 250 pagine del decreto di sequestro preventivo richiesto dalla Direzione Distrettuale Antimafia- Procuratore Nicola Gratteri, aggiunto Sergio Ferrigno, sostituto Giuseppe Cimmarotta- eseguito per tutta la mattinata di ieri. Tra le decine di beni sequestrati c’è il ristorante «Le Tre Caravelle», situato in villa comunale, a due passi dal lungomare, nel cuore di Castellammare. Un locale frequentatissimo dove il sabato sera, per la lunga fila, si poteva rischiare di rimanere a stomaco vuoto. Un ristorante specializzato nelle preparazione di piatti a base di pesce e con numerosi riconoscimenti ma in realtà, per l’Antimafia, il simbolo della contaminazione della criminalità organizzata a Castellammare. Il proprietario è appunto O’pescatore, al secolo Luciano Verdoliva, 47 anni, pluripregiudicato e considerato ai vertici del clan D’Alessandro, la cosca con roccaforte a Scanzano egemone nell’area stabiese da praticamente mezzo secolo. La sua storia è quella di un predestinato nel mondo del crimine organizzato. E’ figlio di Giuseppe Verdoliva, alias Peppe l’autista, factotum del padrino defunto Michele D’Alessandro, ammazzato agli inizi degli anni 2000 durante la faida che vedeva contrapposti i D’Alessandro e gli scissionisti guidati da Michele Omobono e Massimo Scarpa. Ed è da dopo quel delitto eccellente che i pentiti iniziano a nominare Luciano Verdoliva, il ras con la passione dei pitbull e della pesca ben inserito nelle trame del settore del traffico di sostanze stupefacenti e delle estorsioni. Quello che viene fuori dalle carte e dalle inchieste della Dda è appunto un uomo dalla doppia faccia: quella dell’imprenditore e del ristoratore per la società civile, e quello del camorrista e «uomo d’onore» negli ambienti criminali. Un identikit che può trarre in inganno chiunque non segua le cronache giudiziarie anche perché Verdoliva, a differenza di altri uomini del clan, non si è mai nascosto, nemmeno sui social dove su Tik-tok si mostra orgoglioso mentre comperava il pesce fresco per il suo ristorante (vedi la foto in pagina). Spaccio, estorsioni, ed associazione a delinquere di stampo camorristico. Sono solo alcuni dei reati che gli sono stati contestati e di cui sta rispondendo nelle aule di tribunale. Attualmente è a processo nel procedimento Cerbero ed è indagato a piede libero nell’inchiesta Domino III, l’ultima maxi operazione che ha portato all’arresto di 11 persone e al sequestro di beni per 20 milioni di euro. Ma Verdoliva ha rischiato grosso recentemente perché appena pochi mesi fa è stato scarcerato dopo essere stato assolto dall’accusa di omicidio aggravato dal metodo mafioso. Arrestato nel 2022 proprio nel suo ristorante dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata, ha assistito dalla casa circondariale di Melfi al processo che si è tenuto di fronte alla seconda sezione della corte d’assise del tribunale di Napoli. Un procedimento deciso da un clamoroso dietrofront in aula del pentito Ciro Sovereto che in aula non ha confermato le accuse che ai magistrati dell’Antimafia aveva raccontato appena un anno prima. Verdoliva è stato così assolto per non aver commesso il fatto a inizio 2025 e da allora è un uomo libero. La sera della scarcerazione il ras è stato accolto, sempre all’esterno del suo ristorante, da una cinquantina di persone e con tanto di spettacolo pirotecnico completamente abusivo. Il video, pubblicato su Tik-Tok, fece il giro d’Italia. Ma questo non ha mai fermato l’afflusso di clientela al suo ristorante. Sempre pieno nel week end e frequentato da chi sa chi è Luciano Verdoliva, da chi fa finta di non sapere, e da chi semplicemente non sa.