Castellammare. L’Università Federico II studierà le sorgenti stabiesi
CRONACA
14 giugno 2025

Castellammare. L’Università Federico II studierà le sorgenti stabiesi

Metropolis

Castellammare. Toccherà nuovamente all’Università Federico II di Napoli provare a rispondere ai quesiti che da tempo pongono gli stabiesi: quante sono le sorgenti di Castellammare? Che proprietà hanno le acque? Come si possono mettere in sicurezza le fonti? Proprio al fine di arrivare a una vera e propria classificazione delle sorgenti e renderle fruibili, la giunta guidata dal sindaco Luigi Vicinanza ha deciso di firmare una convenzione con l’ateneo che può mettere a disposizione i suoi ricercatori e le necessarie attrezzature per arrivare a definire finalmente la situazione del patrimonio sorgentizio di Castellammare. Saranno due i dipartimenti al lavoro: Biologia e Scienze Chimiche, quest’ultimo metterà a disposizione anche il laboratorio Ace (Analytical Chemistry for the Environment). A differenza del passato nella delibera non vengono indicati i costi e la durata dell’accordo. Segno che stavolta si andrà fino in fondo per arrivare ad uno studio compiuto sulle acque stabiesi. D’altronde, la precedente convenzione firmata con il Ciram (Centro Interdipartimentale di Ricerca Ambiente) dell’Università Federico II di Napoli – costata 50mila euro – s’è rilevata un mezzo flop, perché ha prodotto solo un riassunto di 88 pagine degli studi e dei provvedimenti che avevano riguardato il patrimonio sorgentizio stabiese nell’ultimo secolo. Stavolta il compito che la giunta affida all’ateneo napoletano è decisamente diverso. Negli atti si legge che «l’amministrazione comunale ha necessità di avvalersi di un laboratorio autorizzato per le analisi ufficiali delle acque minerali naturali e la consulenza in campo ambientale». Di fatto il Ce.Sma dell’Università Federico II di Napoli, che comprende i dipartimenti di Biologia e Scienze Chimiche, diventerà una sorta di fornitore di servizi del Comune di Castellammare di Stabia e il suo lavoro consentirà di «classificare le acque, ricercare e monitorare la presenza di eventuali altri inquinanti, eseguire analisi chimiche, chimico-fisiche, microbiologiche e della radioattività circa i componenti caratteristici delle acque minerali». Un supporto necessario per il Comune, a cui la Regione Campania ha affidato la concessione per lo sfruttamento delle sorgenti fino al 2038. Senza la classificazione delle acque non è possibile rendere le fonti fruibili, se non dietro prescrizione medica. Un esperimento che l’ex amministrazione guidata dal sindaco Antonio Pannullo ha fatto nel 2017, stipulando una convenzione con un medico che già in passato aveva lavorato per le Terme. Ma dopo che nel 2019 l’Asl ha ordinato la chiusura delle fonti dell’acqua Acidula e dell’acqua della Madonna, rilevando la presenza di Radon oltre i limiti di soglia, è chiaro che nessuno si prenderebbe la responsabilità di rendere fruibili le sorgenti senza uno studio preventivo delle stesse. La nuova classificazione delle acque, tra l’altro, è il primo passo anche per tornare ad immaginare uno stabilimento termale attivo a Castellammare, dopo la chiusura del 2015 delle Terme di Stabia. L’obiettivo dichiarato dell’amministrazione comunale guidata dal sindaco Luigi Vicinanza è quello di rimettere in sesto lo stabilimento, utilizzando i 12 milioni di euro di finanziamenti del Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e quando tutto sarà pronto, anche dal punto di vista dello sfruttamento delle acque, affidare la gestione dell’impianto termale a un privato.