Il fondatore Nuzzo: «Una casa per le storie invisibili»
CULTURA
22 giugno 2025

Il fondatore Nuzzo: «Una casa per le storie invisibili»

Alessandra Boccia

Nel cuore di Vico Equense, il Social World Film Festival celebra la sua quindicesima edizione con uno sguardo ancora vivo, inclusivo e profondamente umano. A raccontarci la visione, le sfide e i sogni di quest’anno è il direttore artistico Giuseppe Alessio Nuzzo, anima del festival e promotore instancabile di un cinema che sa ascoltare, accogliere e trasformare.

Quindici edizioni. Che peso ha questo traguardo per il Social World Film Festival?

«Non celebriamo solo la longevità, ma la capacità del festival di resistere, rinnovarsi e restare fedele alla propria missione: raccontare il mondo attraverso il linguaggio universale del cinema. È una storia collettiva che continua, fatta di ascolto, passione e visione».

Avete presentato il festival anche a Cannes. Che effetto ha avuto?

«Essere all’Italian Pavilion, nel cuore pulsante del cinema internazionale, è stato emozionante. Un ritorno simbolico alle origini di un sogno nato a Vico Equense, tra mare e montagne. Presentarlo lì ha significato dare al nostro lavoro una risonanza internazionale, senza mai dimenticare da dove veniamo».

Lei parla del Festival come di un “approdo”. Cosa si intende?

«Ci sono luoghi dove il cinema non è solo immagine, ma respiro condiviso. Dove le storie fragili, scomode, trovano finalmente il coraggio di farsi sentire. Il nostro festival è questo: un porto aperto al dialogo, un rifugio per chi crede che la settima arte possa ancora cambiare il mondo».

Cosa rende unica l’edizione di quest’anno?

«Sarà un’edizione speciale, dedicata ad Alida Valli, con una retrospettiva e una mostra fotografica. Inoltre, abbiamo selezionato 97 film da 30 Paesi, con masterclass, incontri e oltre 20.000 minuti di programmazione. Ma ciò che la rende unica è il pubblico: attento, partecipe, vivo».

Da direttore del Festival, cosa cerca durante la selezione dei film?

«Cerchiamo autenticità. Ogni film che accogliamo è una finestra sull’invisibile, uno sguardo laterale sul mondo. Deve emozionare, ma anche interrogare. E, soprattutto, deve dare voce a chi spesso non ce l’ha».

E il futuro? Come lo immagina?

«Condiviso. Il futuro del cinema sociale sta nella rete di storie che sapremo tessere insieme, nel dialogo tra generazioni, culture, sensibilità. Continueremo a camminare, un fotogramma alla volta».